Laboratorio per la Salute Materno Infantile

Il principale obiettivo delle attività svolte dal Laboratorio per la Salute Materno Infantile è quello di contribuire al miglioramento del benessere della madre e del bambino mediante un lavoro interdisciplinare e collettivo nell'ambito della Salute Pubblica.

Il Laboratorio è impegnato in particolare:

  • nel monitoraggio e valutazione epidemiologica dell’uso razionale dei farmaci e dei vaccini
  • nella ricerca nella pratica ospedaliera e nelle cure primarie
  • nello studio delle variabili socio-sanitarie associate alle condizioni di salute dei bambini
  • nel trasferimento dell’informazione alla comunità.
Linee di ricerca

Farmacoepidemiologia

Il Laboratorio nell’ambito del progetto EPIFARM (Epidemiologia del Farmaco) finanziato in parte dalla Regione Lombardia si occupa della valutazione del profilo prescrittivo dei farmaci in età pediatrica. In particolare, le attività di ricerca hanno riguardato l’appropriatezza prescrittiva degli antibiotici, il monitoraggio dei percorsi terapeutici assistenziali dei bambini e adolescenti con asma, il monitoraggio della prescrizione degli psicofarmaci in età evolutiva e la prescrizione degli antiepilettici in età pediatrica, alle donne in età fertile e in gravidanza.

Registro Lombardo dell’ADHD

Il Registro Lombardo dell’ADHD è stato attivato a partire da giugno 2011 nell’ambito del progetto “Condivisione dei percorsi diagnostico-terapeutici per l’ADHD in Lombardia”, con il contributo della Regione Lombardia. Sono attualmente coinvolti i 18 dei Centri di Riferimento e capofila del progetto è la UONPIA della A.O. Spedali Civili di Brescia. Il progetto prevede iniziative di formazione per operatori sanitari coinvolti nell’assistenza del paziente con ADHD e della sua famiglia; di informazione sul disturbo; e di un registro Regionale di casi. Il Registro è concepito come registro di malattia quindi sono raccolte informazioni relative non solo ai pazienti con diagnosi di ADHD in trattamento farmacologico (come previsto dal Registro Nazionale), ma anche a tutti i pazienti che afferiscano al Centro di Riferimento con sospetto ADHD. Il Registro consente quindi di: monitorare i percorsi diagnostici; delineare la prevalenza del disturbo; monitorare i percorsi terapeutici anche non farmacologici; mantenere l’iniziativa di farmacovigilanza estendendo il monitoraggio dell’uso dei farmaci anche a farmaci diversi da quelli specifici (atomoxetina e metilfenidato); quantificare il carico di lavoro della presa in carico da parte dei Centri di Riferimento. A tutto il 2019 sono stati inseriti 5.534 nuovi pazienti in carico ai 18 Centri di Riferimento di cui 3.665 con diagnosi accertata, 1.629 a cui non è stato riscontrato l’ADHD e 240 ancora in corso di valutazione. Gli invianti principali ai Centri di Riferimento sono stati la scuola (31%) e i genitori (16%). Dei 3.665 pazienti a cui è stato diagnosticato l’ADHD sono risultati 3.586 (98%) pazienti con terapia assegnata, di cui 2.903 (81%) con solo terapia psicologica, 588 (16%) pazienti con trattamento combinato e 95 (3%) pazienti in solo trattamento farmacologico. Le comorbidità più frequentemente riscontrate sono state: i disturbi dell’apprendimento (39%), i disturbi del sonno (15%) e il disturbo oppositivo/provocatorio (14%).

Coorte nascita - nascere e crescere in Italia

Lo studio NASCITA (NAscere e creSCere in ITAlia), coordinato dal Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), ha la finalità di seguire nel tempo, sin dalla nascita e almeno fino all’ingresso nella scuola dell’obbligo, la crescita e lo stato di salute di un gruppo (coorte) di bambini. I pediatri di libera scelta, nel corso dei bilanci di salute e delle visite, raccolgono dati sui neonati e sui loro genitori allo scopo di descrivere, controllare e valutare nel tempo e nei diversi contesti di vita, lo sviluppo, la crescita, i percorsi educativi e di cura dei bambini, e quali fattori possono incidere sul loro benessere. L’analisi dei dati di questo studio permetterà di individuare alcuni fattori “critici” che possono compromettere la salute e il benessere dei bambini. Grazie a questo studio sarà possibile, per esempio: valutare quale è la frequenza e la durata dell’allattamento al seno, con quali tempi e modalità avviene lo svezzamento e quali sono i fattori associati a una maggiore attitudine all’allattamento al seno; descrivere la crescita (statura, peso, indice di massa corporea) dei bambini italiani, stimare quale è la percentuale di bambini con sovrappeso o obesità e valutare i fattori di rischio di sovrappeso/obesità; valutare quanto sono conosciute e messe in atto alcune buone pratiche utili per lo sviluppo del bambino, come per esempio la lettura ad alta voce, l’ascolto della musica e qual è il loro impatto; stimare quanto sono frequenti alcune malattie nella popolazione pediatrica (per esempio bronchite asmatica, allergie, diabete, epilessia) e valutare quali sono i fattori che aumentano il rischio di sviluppare queste malattie; stimare quanti sono i bambini con bisogni speciali e quali sono le attenzioni e le risposte fornite nei differenti contesti geografici; valutare in che misura sono garantiti ai bambini e alle loro famiglie nei differenti contesti geografici i percorsi di socializzazione ed educativi. 5.131 neonati, nati nel periodo 1 aprile 2019-31 luglio 2020 (M/F=1,04), assistiti da 140 pediatri di famiglia, partecipano alla coorte con le loro famiglie. La distribuzione per area geografica rispecchia quella della popolazione italiana: il 46% vive nel Nord Italia, il 19% nel Centro e il 35% nel Sud. Lo studio è in parte sostenuto da una donazione dell'Associazione Amici del Mario Negri e dal contributo di alcuni donatori che hanno preferito rimanere anonimi.

Salute della mamma e del bambino in gravidanza e nel post-parto

Nascere in casa. Dagli inizi degli anni ’60 il parto a domicilio è diventato vieppiù una rarità su tutto il territorio nazionale. Oggi sono circa un migliaio ogni anno i bambini che non nascono in ospedale in Italia. Un fenomeno che interessa solo alcune Regioni e pochi genitori molto determinati a contrastare la medicalizzazione talvolta eccessiva del percorso nascita. Tuttavia in una nazione quale è l’Italia dove il 34% dei parti (tra il 56% in Campania e il 21% in Toscana) avviene per taglio cesareo contro il 15% indicato dall’Organizzazione Mondiale della Salute, il parto a domicilio non rappresenta un’alternativa. L’interesse verso il parto in casa nasce dal bisogno espresso dalle donne di avere una assistenza più intima e personalizzata. Anche nel 2019 è proseguita la collaborazione del Laboratorio con l’Associazione Nazionale Ostetriche parto a Domicilio e Casa Maternità per garantire uno studio in cui sono stati valutati l’assistenza al travaglio e al parto fisiologico in accordo con le linee guida, nazionali e internazionali. La condizione ideale è l’assistenza di tutta la gravidanza da parte dell’ostetrica che assisterà il parto, affinché possa accompagnare la gestante (e la coppia) durante l’intero periodo, sostenere il percorso di salute di tutto il processo attraverso una assistenza non invasiva e appropriata, e possa anche identificare prontamente eventuali controindicazioni all’assistenza domiciliare. Nel 2019 sono state raccolte nel database 389 schede di donne che hanno pianificato un parto a domicilio o in casa di maternità, mantenendo costante il numero del 2018 (388). Rapporto CedAP. Da tempo il Laboratorio per la Salute Materno Infantile si occupa, in collaborazione con la Regione Lombardia, dell’analisi dei dati regionali raccolti tramite il Certificato di Assistenza al parto (CedAP). La rilevazione CedAP, istituita dal Decreto del Ministero della Sanità 16 luglio 2001, n. 349, costituisce la principale fonte di dati correnti a disposizione di quanti si occupano a più livelli di salute materno-infantile, raccogliendo informazioni sia di carattere sociodemografico (sui genitori) che di carattere sanitario (sull’assistenza e sul neonato). La possibilità di disegnare le caratteristiche della popolazione assistita nelle Aziende Sanitarie e nei punti nascita (valutando l’incidenza di alcuni fattori di rischio), confrontare le pratiche assistenziali delle diverse strutture, verificare gli andamenti temporali negli anni sono solo alcune delle opportunità offerte dalla pubblicazione dei dati CedAP. Inoltre, questi dati, costituiscono un potenziale strumento di programmazione e valutazione per la salute materno-infantile.

E’ possibile consultare il rapporto riguardante l’anno:

- 2018 al seguente link;

- 2019 al seguente link;

- 2020 al seguente link.

E' possibile richiedere i report degli anni precedenti scrivendo a Rita Campi.

La Cooperazione con i Paesi a Risorse Limitate

Come espressione, verifica, sviluppo originale della scelta di rendere le proprie ricerche trasferibili e accessibili alle popolazioni nel corso del tempo, il Laboratorio ha promosso e seguito progetti nel e per il "Sud del Mondo" in collaborazione con Organizzazioni non Governative (ONG) e anche con l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Continua anche il supporto tecnico e organizzativo per lo svolgimento di progetti socio-sanitari in Paesi a risorse limitate.

Gruppo di lavoro per la “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”

Anche nel 2019, il Laboratorio per la Salute Materno-Infantile ha contribuito alla redazione del 10° Rapporto del Gruppo CRC, un network al quale aderiscono 100 associazioni e con il quale si apre un nuovo ciclo di monitoraggio che si concluderà con il prossimo appuntamento a Ginevra nel 2023. Dati preoccupanti dalle recenti Osservazioni del Comitato ONU per il nostro Paese: oltre 1,2 milioni di minori in povertà assoluta, l’accesso a risorse e servizi non presente su tutto il territorio Lo scorso febbraio il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha ribadito all’Italia le sue precedenti preoccupazioni raccomandando “l’adozione di misure urgenti per affrontare le disparità esistenti tra le Regioni relativamente all’accesso ai servizi sanitari, allo standard di vita essenziale, ad un alloggio adeguato e all’accesso all’istruzione di tutti i minorenni in tutto il Paese”. Le disparità su base regionale possono infatti essere considerate una forma di discriminazione che incide sulle condizioni di vita delle persone di età minore in quanto maggiormente vulnerabili. In ambito sanitario, anche per l’area pediatrica si rilevano differenze significative per i dati relativi a mortalità infantile, obesità e sovrappeso, numero di parti cesarei, coperture vaccinali. In ambito educativo permangono importanti differenze tra le regioni per quanto riguarda, ad esempio, i servizi per l’infanzia. I posti offerti coprono il 24% della popolazione, ma permane un grande divario che oppone le aree del Nord e del Centro alle aree meridionali: nelle prime si sfiora l’obiettivo del 33%, anche superandolo in alcune regioni; invece nel Sud sono disponibili posti solo per l’11,5% dei bambini. Molte sono le questioni irrisolte da affrontare con urgenza per il nuovo Governo, a cominciare dal contrasto alla povertà minorile (1.260.000 sono i minorenni in condizioni di povertà assoluta, cui corrispondono oltre 725mila famiglie), alla protezione dagli abusi e dalla violenza a danno delle persone di età minore, con particolare attenzione alla prevenzione degli stessi. Rispetto alla situazione dei minori migranti non accompagnati l’Italia ha ricevuto ben 23 raccomandazioni.

COVID-19

Nell’ambito dell'emergenza di sanità pubblica causata dall’epidemia da COVID-19 il Laboratorio ha svolto diverse attività: “A casa per il COVID” - Dal 6 al 20 aprile è stata condotta un’indagine nazionale volta a rilevare il distress psicologico degli italiani, costretti al lockdown nella prima fase dell'emergenza coronavirus. È stato predisposto un questionario online, costituito da 48 domande in cui sono stati raccolti dati demografici e informazioni sui sintomi fisici nei 14 giorni precedenti alla compilazione, mentre l'effetto psicologico della quarantena è stato valutato attraverso il “'Covid-19 Peritraumatic Distress Index'” (CPDI), validato in Italia e in altre nazioni. 35.011 adulti hanno partecipato alla ricerca, di cui 20.158 (11.910 in Lombardia, il 59,1%) hanno completato interamente il questionario. Più del 50% degli italiani ha manifestato stress psicologico durante il lockdown e il 5% in modo grave. Tra i più colpiti le donne, ma anche i disoccupati, le persone con studi elementari e chi abita in case piccole. Anche chi era vicino all’epicentro lombardo (zona ”rossa”: Nembro-Alzano) ha provato più disagio di chi ne era lontano: è stata osservata una correlazione negativa tra il disturbo psicologico e la distanza dal luogo di residenza da questa specifica zona. I risultati mostrano come l’ansia e la preoccupazione abbiano contribuito a determinare il 48.8% del distress dell’intero campione considerato; il 27% del distress era determinato da sintomi depressivi, mentre i sintomi somatici hanno influito in maniera minima (7%) sui punteggi totali del campione. Circa il 10% dei partecipanti ha riportato sintomi depressivi di moderata-grave entità, il 5% sintomi moderati-gravi di ansia e il 4% dei partecipanti sintomi somatici di moderata-grave intensità. E’ possibile rivedere il webinar di presentazione dello studio al link: https://www.youtube.com/watch?v=ocJKSn7-RLQ La didattica a distanza (DaD), come è stata vissuta nelle famiglie italiane degli scolari della scuola dell’obbligo? Nella settimana 8-15 maggio 2020, il Dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri IRCCS ha promosso un’indagine nazionale sull’impatto della didattica online imposta dalla pandemia, rivolgendosi alle mamme di ragazzi che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo grado. Complessivamente hanno partecipato 2149 mamme, 1601 delle quali hanno completato il questionario. 810 (50%) provenivano dalla Lombardia, la regione che più ha sofferto del virus in Italia e in tutto il mondo al momento dello studio. Il 71% erano mamme di alunni delle elementari e il 29% delle medie; due terzi erano in attività lavorativa, in maggioranza (63%) in lavoro agile. L’88% delle mamme degli alunni della scuola primaria e il 70% di quelle con figli nella secondaria di primo grado ha dichiarato di essere in difficoltà a conciliare gli impegni lavorativi con quelli DaD dei figli. Impegni confermati anche dopo la quarantena per il diminuito contributo dei nonni o altre figure. Il 2% degli alunni era impossibilitato ad utilizzare la DaD e un terzo del totale doveva condividerla (spazi, strumenti, tempi) con fratelli e sorelle, per una didattica fatta nella quasi nella totalità di compiti e videolezioni utilizzando PC/Tablet, libri e stampante. Per un terzo delle mamme i figli hanno avuto difficoltà con le tecnologie, la disorganizzazione nella programmazione/gestione delle lezioni, nella disponibilità a colloqui con gli insegnanti. Per circa un terzo degli alunni delle elementari il tempo di attenzione di fronte allo schermo non andava oltre i 20 minuti con la necessità di pause nel corso delle due ore mediamente previste per la loro DaD. Questo ha generato irrequietezza (69%) e aggressività (33%) nei più piccoli e ansia (34%) negli alunni delle medie. I 2/3 delle mamme hanno espresso un giudizio negativo per la DaD. La DaD dal punto di vista dei bambini con ADHD. Come parte dello studio, una particolare attenzione è stata posta anche agli studenti disattenti e iperattivi assistiti dal Centro Regionale ADHD dell’Ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano: alunni che già nell’abituale corso scolastico manifestano difficoltà ad adeguarsi ai ritmi scolastici. Il confronto di 92 alunni ADHD con 184 coetanei (studio caso-controllo) afferenti allo studio generale ha evidenziato che la DaD ha influenzato negativamente per la perdita del contesto spaziale, sociale e temporale; per la distanza fisica dagli insegnanti; l’assenza di feedback non verbali (sguardo, contatto fisico); la distrazione generata dallo strumento didattico; la scarsa attrazione di interesse degli strumenti e modalità d’uso del materiale didattico. Fattori comuni a tutti gli alunni, ma ulteriormente fonte di disuguaglianza per i più fragili. E’ possibile rivedere il webinar di presentazione dello studio al link https://www.youtube.com/watch?v=DG_Gym5ZFjA Ragazzi in quarantena. Tra Maggio e Giugno 2020, il progetto “Ragazzi in quarantena” ha coinvolto 82 bambini e ragazzi di età compresa tra i 6 e 14 anni, residenti a Milano (città e hinterland), al fine di indagare tramite video-interviste il loro benessere psicologico e i cambiamenti nella routine durante il lockdown. L’80% dei ragazzi intervistati ha riscontrato maggiori difficoltà a mantenere l’attenzione durante le lezioni online, 2/3 riportano che la DaD è più stancante della scuola normale, mentre circa la metà ha meno voglia di impegnarsi con questa nuova modalità di apprendimento. Il 63% dei ragazzi ha modificato la propria alimentazione durante la quarantena, in particolar modo gli alunni della scuola primaria di primo grado. Oltre la metà dei soggetti ha mangiato di più rispetto al solito durante questo periodo di confinamento forzato ed anche la qualità dell’alimentazione ha subito delle modifiche. Complessivamente circa 1/3 del campione ha avuto problemi di sonno e ha desiderato dormire nel lettone con i genitori. La più grande paura, condivisa dai 3/4 dei ragazzi è stata il timore che i propri cari potessero ammalarsi di COVID-19. Alla valutazione dei sintomi d’ansia, 18 soggetti (22%) hanno riportato punteggi normali, 54 (65%) punteggi lievi-moderati, mentre 10 (12%) punteggi particolarmente elevati, senza differenze significative tra maschi e femmine e tra studenti della scuola primaria di primo e secondo grado. I ragazzi che hanno dichiarato di aver trascorso più di due ore al giorno davanti agli schermi (escludendo le ore per la DaD e per i compiti) hanno mostrato livelli d’ansia significativamente maggiori rispetto a quelli che li avevano utilizzati per meno di due ore al giorno. Circa metà dei partecipanti ha riportato frequenti sbalzi d’umore, associati principalmente ad un maggior tempo davanti agli schermi e a un cambiamento della routine alimentare (sia per la quantità che la qualità). Quasi la totalità del campione (90%) ha riportato di aver sofferto molto la mancanza degli amici e dei compagni, infatti alla domanda “Qual è la prima cosa che vorresti fare una volta tornati alla normalità?” oltre la metà dei ragazzi ha espresso il desiderio di poter rivedere i propri amici e compagni. E’ possibile rivedere il webinar di presentazione dello studio al link https://www.youtube.com/watch?v=b9-R65mL_hs Come i pensionati hanno vissuto l’emergenza COVID-19? In collaborazione con il Sindacato dei Pensionati (SPI) CGIL Lombardia, è stato creato e diffuso attraverso i canali social e nei centri servizi dello SPI un questionario con lo scopo di valutare come le persone maggiori di 65 anni di età hanno vissuto l’emergenza COVID-19, in particolare il periodo di quarantena. L’analisi delle risposte è in corso. Progetto BaSCo. Il Laboratorio in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri Milano coordina lo studio Bambini Sospetti Covid (BaSCo). Si tratta di uno studio osservazionale che coinvolge 33 pediatri di famiglia lombardi, con lo scopo di descrivere le caratteristiche dei bambini con COVID-19 diagnosticata attraverso il test molecolare o con sintomi di sospetto COVID-19 nel periodo febbraio-maggio 2020 e di monitorare il loro stato di salute nei mesi successivi. Lo studio è tuttora in corso.

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Personale
Marta
Saronio
Ricercatore
marta.saronio@guest.marionegri.it
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Codice:

International Consensus on Cardiopulmonary Resuscitation.

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