Il danno cerebrale acuto di origine traumatica o emorragica si associa a grave disabilità cronica cognitiva e/o motoria in un’alta percentuale di pazienti.
Sviluppare strategie terapeutiche per questi pazienti è, dunque, una priorità.
Obiettivo del laboratorio è quello di intensificare l’interazione e il confronto tra attività di laboratorio e cliniche, al fine di:
- comprendere meglio i meccanismi di danno
- migliorare la predittività dei modelli sperimentali
- identificare target terapeutici ad alta rilevanza traslazionale
- sviluppare terapie in grado di migliorare le conseguenze croniche di un danno cerebrale acuto.
Trauma Cranico e Neurodegenerazione
Il trauma cranico rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di demenze come l’Alzheimer e l’encefalopatia cronica post-traumatica. Analizzando il cervello di individui deceduti anni dopo un trauma cranico, abbiamo documentato la formazione di aggregati della proteina tau, tipica di alcune demenze. Nel modello animale abbiamo osservato che un singolo trauma cranico induce processi neuroinfiammatori e neurodegenerativi che si propagano nel cervello coinvolgendo in fase cronica aree cerebrali remote rispetto alla sede iniziale del danno. In collaborazione con il Laboratorio di Neurobiologia dei Prioni, abbiamo osservato che in seguito a trauma cranico si genera una forma di proteina tau in grado di auto-propagarsi e di indurre un danno cognitivo progressivo, spiegando come un trauma biomeccanico possa evolvere in una malattia neurodegenerativa. In collaborazione con il Laboratorio di Patologia Umana in Organismi Modello abbiamo messo a punto un modello nel nematode per testare la tossicità indotta dal trauma con l’obiettivo ultimo di eseguire un ampio screening di farmaci che possano interferire con la neurodegenerazione post-traumatica.
Trauma cranico: cellule staminali per la protezione cerebrale
Accanto a fenomeni neurotossici, il danno cerebrale acuto induce eventi riparativi che includono neurogenesi, angiogenesi, modificazioni infiammatorie e plasticità sinaptica. Questi eventi spontanei sono inefficaci nel contrastare l’evoluzione del danno post-traumatico e la loro stimolazione e amplificazione risulta cruciale al fine di mitigare/riparare il danno cerebrale. Abbiamo dimostrato che le cellule stromali mesenchimali proteggono il cervello traumatizzato ed esplicano la loro funzione protettiva attraverso la secrezione di molecole/fattori solubili (secretoma) che stimolano eventi riparativi. Studi in corso sono volti a: 1) testare nuovi biomateriali che migliorino la sopravvivenza delle cellule mesenchimali dopo trapianto al fine di incrementare il rilascio del secretoma nel tempo; 2) identificare i fattori protettivi presenti nel secretoma; 3) sviluppare modelli in vitro di TBI per poter testare agenti terapeutici basati sul secretoma e selezionare i più promettenti da testare in vivo; 4) caratterizzare il potenziale terapeutico del secretoma nel modello animale; 5) definire aspetti preclinici che potrebbero influenzare la risposta terapeutica come l’eterogeneità del TBI, il sesso e l’età.
Marcatori di danno cerebrale acuto e di epilessia post-traumatica
Non siamo in grado di predire il decorso clinico dei pazienti con trauma cranico con sufficiente precisione. Questo è attribuibile a un’imperfetta conoscenza della patofisiologia del danno cerebrale post-traumatico. Obiettivo del nostro programma è quello di sviluppare/testare strumenti di monitoraggio cerebrale in vivo, che integrino approcci di imaging avanzato e componenti diagnostiche ottiche, fluidiche ed elettriche per misurare simultaneamente l’attività neuronale, le alterazioni bioenergetiche e gli eventi molecolari conseguenti al danno. Con il Laboratorio di Neurologia Sperimentale, stiamo conducendo una serie di studi nei modelli animali e nei pazienti per identificare una combinazione di biomarcatori predittivi di epilessia post-traumatica (condizione che rappresenta il 10% di tutte le epilessie), utilizzando un approccio combinato che include studi di imaging MRI e la ricerca di proteine circolanti. Sapere in anticipo quali siano i pazienti traumatizzati che andranno incontro ad epilessia potrebbe avere implicazioni enormi per interventi atti a prevenire l’insorgenza o a rallentare/attenuare il decorso della malattia.
Potenziale Terapeutico dell’Argon nel Trauma Cranico
Non esiste una strategia neuroprotettiva in grado di migliorare il decorso clinico dei pazienti con trauma cranico. Recentemente, è stato dimostrato come alcuni gas nobili possano avere effetti neuroprotettivi. In particolare l’Argon ha mostrato innumerevoli vantaggi in quanto non ha effetti collaterali significativi, è poco costoso, e privo di effetti anestetici in condizioni normobariche In collaborazione con il Laboratorio Fisiopatologia Cardiopolmonare, abbiamo dimostrato che l’argon è in grado di ridurre l’edema cerebrale, mitigare la risposta neuroinfiammatoria e migliorare l’outcome neurologico, quando somministrato per via inalatoria dopo trauma cranico nel topo. Questi dati sono molto promettenti in quanto l’Argon e’ già approvato per utilizzo clinico. Studi futuri saranno volti a i) definire un protocollo di efficacia traslabile alla clinica, ii) approfondire il meccanismo d’azione combinando studi di risonanza magnetica, istologia ed analisi di biomarcatori circolanti di danno cerebrale.
International Consensus on Cardiopulmonary Resuscitation.