Da giugno 2025 "La signora Maffi. Una maestra di scena" (1909) di Umberto Boccioni arricchisce la collezione tortonese che raccoglie 145 opere dei principali maestri divisionisti, tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo, con anche la recente acquisizione de Il cammino dei Lavoratori, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Plinio Nomellini, Gaetano Previati e Giovanni Segantini.
Tortona, 5 giugno 2025 - La Pinacoteca Divisionismo Tortona espone ufficialmente La signora Maffi. Una maestra di scena, opera chiave della fase divisionista di Umberto Boccioni, realizzata nel 1909. Il dipinto, emblema del passaggio dell’artista dal divisionismo alle prime tensioni espressioniste e futuriste, entra a far parte della collezione permanente del museo, confermando la centralità della Pinacoteca nel panorama dell’arte italiana tra Otto e Novecento. Già esposto nel 1910 alla storica mostra personale di Boccioni a Ca’ Pesaro a Venezia, La signora Maffi. Una maestra di scena rappresenta una tappa cruciale nella ricerca boccioniana e la protagonista dell’opera emerge come una presenza imponente, costruita attraverso la luce e il colore in una composizione ravvicinata e incisiva.
Spiega Pier Luigi Rognoni, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona: “Il ritratto della Maestra di scena Adalgisa Maffi rappresenta senza alcun dubbio una tappa fondamentale nel percorso artistico di Umberto Boccioni. L’ingresso nella collezione della Fondazione C.R. Tortona permette alla Pinacoteca Divisionismo di documentare in maniera ancora più approfondita le influenze della tecnica pittorica divisa sui protagonisti della rivoluzione Futurista. Il fortuito incontro artistico con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha dato vita ad una preziosa collaborazione pluriennale per il fondamentale sostegno alla ricerca scientifica”.
Nel 2005, l’Istituto Mario Negri è stato infatti il beneficiario di una generosa donazione di opere d’arte da parte del prof. Giuseppe Mattioli con l’intento di supportare la ricerca del Dipartimento di Oncologia intitolato alla Fondazione Nerina e Mario Mattioli – Onlus. I dipinti sono arrivati all'Istituto nel 2021. Tra le opere, spiccava La signora Maffi. Una maestra di scena di Umberto Boccioni. A gennaio 2025, l’opera è stata acquisita, grazie a una generosa donazione, dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona, andando ad arricchire la prestigiosa collezione della Pinacoteca del Divisionismo. I proventi della vendita del quadro andranno a supportare la ricerca scientifica del Mario Negri in campo oncologico sia sperimentale che clinico. Questa speciale sinergia, nata dall’incontro tra arte e scienza, continuerà con un ulteriore impegno da parte della Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona, che ha deciso di accompagnare un giovane ricercatore nel suo percorso di formazione per i prossimi tre anni con una borsa di studio.
“Siamo profondamente grati alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona per questa importante donazione – racconta il Prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore Istituto Mario Negri – che unisce il valore dell’arte al sostegno concreto della ricerca scientifica. Investire nella ricerca e nei giovani talenti significa costruire il futuro: significa credere nella conoscenza come motore di progresso e nella formazione come chiave per affrontare le sfide di domani. Il sostegno della Fondazione non è soltanto un aiuto concreto, ma anche un forte segnale di fiducia nei confronti della scienza e delle nuove generazioni”.
La signora Maffi. Una maestra di scena rappresenta un momento cruciale nella ricerca artistica di Boccioni del passaggio dal Divisionismo al Futurismo. Il ritratto di Adalgisa Maffi colpisce per la sua potente resa plastica e luministica, frutto di una tecnica divisionista personalissima. La figura imponente emerge da un interno appena accennato, costruito attraverso la luce e il colore.
La storia del dipinto La signora Maffi. Una maestra di scena è stata ricostruita nel dettaglio da Giovanna Ginex, storica dell’arte e consulente scientifica della Fondazione.
Realizzata nel 1909, l’opera viene esposta per la prima volta nel 1910 alla V Mostra d’Estate di Ca’ Pesaro, dove Boccioni presenta quarantadue tra dipinti e lavori su carta offrendo, su consiglio del direttore della Galleria d’Arte Moderna e segretario della Fondazione Bevilacqua La Masa Nino Barbantini, un’ampia retrospettiva della sua produzione. Le reazioni della critica veneziana alla presentazione del ritratto della signora Maffi non sono però favorevoli né la città accoglie la proposta di Boccioni che vorrebbe farne dono alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna.
Diversa è l’accoglienza che La signora Maffi. Una maestra di scena ottiene a Milano in occasione dell’Esposizione Intima della Famiglia Artistica, inaugurata il 20 dicembre 1910 e chiusa il 2 gennaio 1911. “Il Secolo”, quotidiano milanese d’area democratica, non esita a definire Boccioni “il trionfatore” della mostra, soffermandosi in particolare proprio sulla Maestra di scena. L’ultima esposizione pubblica del dipinto, con Boccioni ancora vivente, è ancora a Milano, dove nell’aprile del 1911 il ritratto è tra le opere presentate all’Esposizione d’Arte libera organizzata dal pittore a beneficio della Casa di Lavoro per disoccupati della Società Umanitaria negli spazi in disuso di un ex stabilimento dalla ditta Ricordi. Nello stesso anno Boccioni fa fotografare dall’amico Emilio Sommariva alcune sue opere, tra cui la Maestra di scena, al tempo ancora non firmata, né datata.
Nata nel 1861, Adalgisa Maffi è una figura nota nella Milano del tempo: insegnante, donna indipendente, "Professoressa", come si firmava. Dalla dedica su una sua fotografia, datata 1909, si intuisce un legame personale con Boccioni, che la ritrae anche in studi separati del volto. Nel ritratto che ne fa l’artista, Adalgisa appare con una posa libera, forse senza corsetto: una rappresentazione audace, lontana dalla ritrattistica convenzionale, che esprime vitalità e forza individuale. D’altra parte, quella del maestro, e più raramente della maestra di scena, era una professione legata al teatro in tutti i suoi aspetti. Il maestro di scena aveva responsabilità di carattere tecnico, come la gestione degli oggetti di scena e del palco teatrale, ma anche mansioni di coordinamento delle azioni sceniche e dell’andamento della rappresentazione, compreso il controllo e la guida del linguaggio teatrale, della mimica, del canto e della danza e dei costumi. La signora Maffi, del resto, ha dimestichezza con i tessuti, la sartoria e la moda dal momento che il padre è stato titolare a Milano di un’attività nel settore “Sartoria, moda e stoffe” in via Santa Margherita, a due passi da via Orefici, dove abiterà poi la figlia Adalgisa.
Nel 1909, la rivista milanese “Il Teatro Illustrato” pubblica una fotografia della Signora Maffi accompagnata da un breve testo: “ecco una valente e apprezzata maestra di declamazione e di azione scenica, la cui scuola a Milano è frequentatissima dagli artisti lirici internazionali. Costoro, e specialmente i forestieri, trovano nella distinta insegnante quanto occorra per una dizione e una degna spontaneità di movimento, ricavandone quel profitto, veramente commendevole, che è la ragione precipua dell’affluenza di prim’ordine”.
Solo un anno prima, nel “Musical Courier” di New York compare un articolo intitolato Adalgisa Maffi, Teacher of Lyric Acting, nel quale si specifica il metodo di insegnamento di Maffi, tra i cui allievi e allieve si contavano non pochi statunitensi.
Adalgisa Maffi muore a soli cinquant’anni, nel 1911, mentre l’Italia è in guerra e le cronache del conflitto italo-turco occupano quasi completamente le pagine dei giornali. A commemorarla un necrologio sul Corriere della Sera. Negli Stati Uniti il ricordo del suo metodo sopravvive però dopo la sua scomparsa, visto che l’ultima testimonianza della sua attività professionale e della stima di cui godeva è del 1926, all’interno della biografia di una cantante d’opera texana che nei primi anni del secolo si era formata come soprano in Italia, affinando recitazione e postura sul palco a Milano con la “maestra di scena Adalgisa Maffi”.
Secondo la ricostruzione dei passaggi di proprietà realizzata dalla Professoressa Sharon Hecker, nel 1916, alla morte di Boccioni, l’opera passa per eredità alla madre dell’artista, Cecilia Forlani Boccioni. L’anno seguente viene acquistata dal Rag. Enrico Bachi, nato l’8 ottobre 1886 a Torre Pellice, vicino a Torino. Nel 1933, Enrico Bachi presta il quadro alla mostra dedicata a Boccioni alla Galleria d’arte moderna di Milano.L’etichetta sul verso del quadro conferma il fatto e riporta le seguenti informazioni: “Civica Galleria d’Arte Moderna. Autore: mostra Boccioni 1933; titolo: l’Attrice; catalogo n. 11. Sig. Bachi rag. Enrico, via Assarotti”. Il padre di Enrico, Augusto Bachi, muore nel 1938 e da quel momento in poi il figlio Mario, ragioniere, segue l’attività di famiglia. Sei mesi dopo, vengono approvate le leggi razziali. Il 5 aprile 1939 Enrico Bachi torna a Torre Pellice e presenta denuncia al Comune per la sua “appartenenza alla razza ebraica”. Non si trova più traccia di lui nell’Albo dei ragionieri di Torino dalla fine del 1938. Sei mesi dopo l’autodenuncia, nell’ottobre 1939, secondo i documenti nella Camera di Commercio, il prefetto di Torino chiederà la liquidazione dell’azienda dei Bachi, proprio a causa delle leggi razziali. La Villa Bachi a Torre Pellice verrà schedata e confiscata, insieme a tutti i beni mobili della famiglia. Nella scheda di confisca vengono sottolineate a matita le opere d’arte e gli oggetti di valore sequestrate (tappeti orientali, orologi, quadri…). L’opera di Boccioni non appare però sull’elenco, probabilmente perché all’epoca si trovava non nella Villa di Torre Pellice, ma nella casa torinese di Enrico Bachi. Presumibilmente saranno amici di famiglia a custodirla, con altri beni, sino alla fine della guerra. Anche nel secondo dopoguerra, infatti, il quadro risulta appartenere alla famiglia Bachi. Il 6 maggio 1961, alla morte di Enrico, l’opera passa per eredità alla moglie Rita, che nel giugno dello stesso anno la vende alla Galleria La Bussola di Torino. Acquistato pochi mesi dopo da Luciano Pomini, Castellanza, nel 1977 il dipinto viene venduto da Luciano Pomini (Asta Finarte) e acquistato da Giuseppe Mattioli, che lo cederà all’Istituto Mario Negri nel 2005.
L’opera di Boccioni si aggiunge a un’altra recente e preziosa acquisizione esposta a Tortona dallo scorso novembre: Il cammino dei Lavoratori (1898-1899) di Giuseppe Pellizza da Volpedo, studio preparatorio del celebre Il Quarto Stato. Quest'opera restituisce la tensione sociale ed esistenziale del tempo attraverso un sapiente uso del colore e una composizione teatrale in cui gesti e sguardi si intrecciano in un flusso inarrestabile di figure compatte. L’ocra che pervade la scena accresce il senso di unità del gruppo, che marcia determinato verso una luce simbolo di speranza. Sebbene si tratti di uno studio, la potenza espressiva e la straordinaria resa pittorica lo rendono un'opera autonoma, capace di restituire con immediatezza la visione simbolica di Pellizza.
Con queste due nuove acquisizioni, la Pinacoteca rafforza il proprio ruolo di riferimento per lo studio e la valorizzazione del divisionismo, offrendo al pubblico un viaggio ancora più completo attraverso le sue evoluzioni e influenze sulle avanguardie del primo Novecento. Situata nel cuore di Tortona, la Pinacoteca ospita oggi 145 opere dei principali maestri divisionisti, tra cui, insieme a Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Plinio Nomellini, Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Con un allestimento studiato secondo i più moderni criteri museali, il museo permette di esplorare le diverse anime del Divisionismo: dalle sperimentazioni luministiche ai temi sociali, dal simbolismo alle ricerche paesaggistiche che anticipano il Futurismo.
Recentemente rinnovato, il percorso della Pinacoteca si snoda attraverso diverse sale tematiche, mettendo in evidenza i protagonisti del Divisionismo e le diverse declinazioni di questa tecnica pittorica. Le opere esposte offrono un quadro completo della sua evoluzione, dalle prime sperimentazioni alla sua eredità nelle avanguardie.
La collezione comprende 145 opere suddivise tra i principali esponenti del divisionismo (Segantini, Morbelli, Previati, Balla, Boccioni, Longoni, Nomellini, Cominetti e Fornara) e altri 50 artisti che hanno contribuito alla sua diffusione e detiene il più numeroso nucleo di opere di Pellizza presenti in una sola collezione, pari a 27 di cui 19 esposte.
Le opere esposte all’interno della Pinacoteca coprono un’ampia gamma di soggetti e temi, permettendo di comprendere la profondità e la varietà del divisionismo:
Il divisionismo nasce dall’applicazione della teoria della luce e del colore alla pittura: accostando colori puri sulla tela, gli artisti riescono a ottenere effetti di luminosità mai visti prima. La tecnica evolve in diverse declinazioni, dalle pennellate filamentose di Segantini alle stesure puntiformi di Pellizza, fino alle variazioni più simboliste di Previati.
Molti divisionisti sviluppano un’attenzione particolare alle questioni sociali. Morbelli, Longoni e Pellizza rappresentano la condizione operaia e contadina, la disoccupazione, le difficoltà delle classi più deboli. Scene di vita quotidiana ambientate in ospizi, fabbriche e strade urbane traducono un impegno etico e politico che caratterizza la fine dell’Ottocento.
Per molti artisti il divisionismo diventa il mezzo perfetto per esplorare il paesaggio e la sua resa luministica. Dalla montagna ai laghi, dalle vedute alpine ai crepuscoli marini, il paesaggio divisionista è un equilibrio tra realismo e visione, tra precisione scientifica e suggestione poetica.
A partire dagli anni Novanta dell’Ottocento, il divisionismo si apre a influenze simboliste. Previati e Pellizza indagano temi mistici e allegorici, mentre Balla e Boccioni sperimentano il linguaggio divisionista per proiettarsi verso il Futurismo, ponendo il divisionismo come anello di congiunzione tra Ottocento e Novecento.
Era il 1999 quando la Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona decise di acquisire il nucleo di opere frutto della lungimirante attività di raccolta dell’istituto bancario da cui aveva tratto origine.
Da lì a poco nacque l’idea di intraprendere un progetto di valorizzazione e incremento di tale patrimonio artistico che aveva sino ad allora privilegiato un rapporto speciale con il suo territorio e, in particolare, con i suoi artisti più significativi.
Un passato d’arte segnato dal genius loci Giuseppe Pellizza, un personaggio di grande rilievo nella cultura pittorica dell’area lombardo-piemontese, diventata l’obiettivo privilegiato della collezione perché proprio qui, tra Milano e Torino, si svolse il cosiddetto “primo dibattito” del divisionismo a partire dalla Prima Triennale di Brera del 1891.
A partire dal 2001, anno di apertura al pubblico della Pinacoteca, nel volgere di pochi anni prende vita il progetto “Pinacoteca Divisionismo Tortona”, esposizione permanente che si propone di documentare questa fondamentale stagione artistica attraverso la varietà e l’originalità dei linguaggi pittorici utilizzati non solo dai grandi maestri divisionisti, ma da personaggi che hanno dato voce a culture per così dire periferiche, per lungo tempo non adeguatamente valorizzate, ma comunque degne di attenzione.
Il filo conduttore della Pinacoteca si dipana quindi intorno al fertile dialogo e al confronto tra i diversi interpreti di una tecnica audace e antiaccademica che ha saputo rappresentare le istanze di un nuovo secolo: dagli artisti socialmente impegnati degli anni Novanta dell’Ottocento fino agli approcci empirici in ambito simbolista e ai primi saggi dei protagonisti della rivoluzione futurista per i quali la divisione del colore costituiva il linguaggio della modernità.
Oggi la Pinacoteca si sviluppa su una superficie di 750 metri quadrati e consta di 145 opere che documentano l’attività di oltre 59 artisti.