Dal greco styphein (stretto), la "stipsi", detta anche stitichezza o costipazione, indica un disturbo intestinale che può impattare significativamente sulla qualità della vita. Di stipsi soffre circa il 15% della popolazione mondiale. Più le donne rispetto agli uomini. Soprattutto dopo i 65 anni. Riconoscere i sintomi, capire le cause e come trattarla è il modo giusto per affrontarla.
La stipsi è una condizione caratterizzata dalla difficoltà a espellere le feci, con una frequenza inferiore a tre volte la settimana (la normale frequenza di defecazione può variare da persona a persona, indicativamente dovrebbe essere tra tre evacuazioni al giorno e tre alla settimana senza dolore o sforzo).
Si tratta di un disturbo in grado di impattare pesantemente sulla qualità della vita: le feci dure e gli sforzi continui possono provocare infatti un aumento della pressione sanguigna, irritazioni, emorroidi, ma anche conseguenze come ansia, depressione e riduzione dell'efficienza lavorativa.
Possiamo distinguere principalmente tra:

La stipsi può manifestarsi con segnali diversi, che riguardano sia la frequenza delle evacuazioni sia la loro “qualità”. Oltre alla ridotta regolarità intestinale, possono comparire sensazioni di difficoltà o incompleto svuotamento, dolore addominale e altri disturbi che influenzano la vita quotidiana.
Tra i sintomi più comuni:
La stipsi o costipazone intestinale può avere molte cause, le più frequenti riguardano alimentazione e stile di vita, ma non sono da trascurare il ruolo di alcuni farmaci, i disagi che interessano la sfera psichica, come ansia o stress, o specifiche patologie che possono rallentare o ostacolare il transito delle feci nell’intestino.
Ecco alcune tra le cause principali della stipsi:
La fibra alimentare trattiene acqua nelle feci, aumenta il loro volume e le rende più morbide, facilitando il passaggio attraverso l’intestino. Quindi, se si segue una dieta povera di fibre o se si beve poco, l’intestino per compensare assorbe più acqua del normale dalle feci e le rende così dure e difficili da eliminare. Anche il consumo eccessivo di alimenti “costipanti”, come prodotti raffinati o poveri di acqua, può contribuire alla comparsa della stipsi.
Sono diversi i farmaci che possono indurre stitichezza o stipsi rallentando la motilità intestinale o rendendo le feci più dure. Tra i più comuni gli oppioidi, i sali di ferro, i farmaci con effetto anticolinergico (ad esempio alcuni antidepressivi triciclici, antistaminici e antispastici), alcuni antiacidi contenenti alluminio, il subsalicilato di bismuto, determinati antipertensivi e diversi sedativi. La stipsi indotta da farmaci è particolarmente frequente negli anziani o nei pazienti politerapici.
La dischezia è un disturbo in cui il retto e i muscoli del pavimento pelvico non si coordinano correttamente durante la defecazione. La persona avverte lo stimolo ma non riesce a espellere le feci, anche quando non sono particolarmente dure. È una condizione più diffusa di quanto si pensi e può comparire da sola oppure essere associata alla sindrome dell’intestino irritabile o a disfunzioni del pavimento pelvico.
Alcuni pazienti con sindrome dell’intestino irritabile presentano stipsi. In questo caso, oltre alla difficoltà di evacuazione, sono comuni gonfiore, dolore addominale e alternanza tra feci dure e periodi di normale evacuazione.
L’utilizzo frequente o prolungato di lassativi può portare a dipendenza funzionale, cioè all’incapacità di evacuare senza ricorrere ai farmaci. Questo crea un circolo vizioso: più si usano lassativi, più l’intestino diventa “pigro”, aggravando la stipsi.
Alcuni disturbi metabolici, neurologici o strutturali possono rallentare significativamente il transito intestinale, causando stitichezza, perché interferiscono con nervi e muscoli che regolano la motilità. Ne sono un esempio: ipotiroidismo, ipercalcemia, Parkinson o neuropatie, comprese quelle associate al diabete mellito, lesioni del midollo spinale, malattie neurologiche che alterano la coordinazione muscolare, occlusioni intestinali o ostruzioni da tumori del colon, soprattutto nel tratto finale, aderenze addominali dopo interventi chirurgici.
La sedentarietà, i cambiamenti di routine, lo stress, i viaggi, il trattenere abitualmente lo stimolo e un’alimentazione irregolare sono fattori che possono contribuire alla stipsi. L’attività fisica favorisce la motilità intestinale: per questo, periodi di immobilità prolungata - come dopo un intervento o durante un ricovero - possono indurre o peggiorare la stipsi.
Quando si sospetta di avere stipsi, non basta contare “quante volte si va in bagno”: la diagnosi richiede una valutazione clinica completa che considera sintomi, storia personale e le possibili cause.
Attraverso questo percorso diagnostico, il medico è in grado non solo di confermare la presenza di stipsi, ma anche di capire perché si è sviluppata e come intervenire in modo personalizzato.
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Recentemente, alcuni ricercatori del King’s College di Londra hanno redatto le prime raccomandazioni per la gestione dietetica della stipsi cronica nella popolazione adulta basandosi su solide evidenze scientifiche.
• Gli integratori di psyllium possono dare un beneficio clinico, perché aumentano la frequenza delle evacuazioni e ammorbidiscono la consistenza delle feci in caso di stitichezza. Inoltre, sono efficaci nel ridurre la gravità dello sforzo evacuativo causato dalla stipsi. Gli stessi effetti non si hanno con gli integratori a base di inulina, polidestrosio e galatto-oligosaccaridi.
• È consigliato l’uso di dosi di integratori di psyllium superiori a 10 g/die per un periodo minimo di 4 settimane per aumentare la frequenza delle evacuazioni e migliorare i sintomi generali della stitichezza.
• Quando si consiglia l'uso di integratori di fruttani tipo inulina, è necessario valutare la possibilità di un aumento della flatulenza.
In generale, la supplementazione con probiotici può aumentare la probabilità di avere una risposta clinica al trattamento. Sebbene alcune specie e ceppi di probiotici possano migliorare la stitichezza, in generale mancano prove convincenti per raccomandare specifici ceppi di probiotici. Più in dettaglio, gli integratori di Bifidobacterium lactis aumentano la frequenza delle evacuazioni in caso di stitichezza, ma non ne influenzano la consistenza. Mentre gli integratori a base di Bacillus coagulans Unique IS2 migliorano sintomi specifici della stitichezza, ma non influenzano la frequenza o la consistenza delle feci in caso di stitichezza.
• Gli integratori di ossido di magnesio sono efficaci nell’ aumentare la frequenza delle evacuazioni, ammorbidire la consistenza delle feci e migliorare i sintomi generali della stitichezza, come la gravità dello sforzo e il senso di evacuazione incompleta. Inoltre, riducono la gravità del gonfiore e del fastidio addominale.
• Gli integratori di ossido di magnesio a una dose di 0,5-1,5 g/die per almeno 4 settimane possono essere raccomandati in caso di stitichezza, se clinicamente appropriato.
• Gli integratori di ossido di magnesio possono essere aumentati gradualmente con incrementi settimanali, monitorando la tolleranza, a partire da una dose di 0,5 g/die.

Bere 0,5–1,5 l/giorno di acqua ad alto contenuto di minerali (calcio, magnesio, zolfo, sodio) per 2–6 settimane può migliorare la risposta sintomatica al trattamento, ma non altri sintomi specifici.
Gli integratori a base di senna non influenzano la frequenza delle evacuazioni in caso di stitichezza. Se infatti la senna è sempre stato un trattamento usuale per la stitichezza e il suo utilizzo è stato precedentemente raccomandato nelle linee guida, due studi clinici randomizzati controllati con placebo hanno dimostrato individualmente l'efficacia di questi integratori rispetto al placebo, ma quando questi studi sono stati analizzati insieme, l'effetto complessivo non è risultato più significativo. I numerosi studi sulla senna presenti in letteratura sono di scarsa qualità scientifica, per cui sono necessari ulteriori studi clinici randomizzati controllati di alta qualità per stabilire l'efficacia degli integratori di senna nella stitichezza cronica.
La stitichezza cronica è più comune con l’avanzare dell'età. I ricercatori del Massachusetts General Brigham hanno recentemente condotto un nuovo studio per valutare se cinque tipi di diete (dieta mediterranea, dieta plant-based, dieta a basso contenuto di carboidrati, dieta occidentale e dieta infiammatoria) potessero aiutare a prevenire la stitichezza cronica negli adulti di mezza età e negli anziani. Il team ha monitorato oltre 96.000 partecipanti per diversi anni per verificare in che modo le abitudini alimentari a lungo termine influenzassero la probabilità di sviluppare questo problema. La loro analisi ha mostrato che le persone che seguivano regolarmente una dieta mediterranea o plant-based (indipendentemente dal consumo di fibre) presentavano una minore incidenza di stitichezza. Invece, i soggetti che seguivano costantemente una dieta occidentale o infiammatoria avevano maggiori probabilità di sviluppare stitichezza cronica, mentre coloro che seguivano una dieta a basso contenuto di carboidrati non mostravano un forte effetto sul rischio di stitichezza.
In conclusione, questi risultati suggeriscono che una dieta ricca di verdure, noci e grassi sani può aiutare a prevenire la stitichezza cronica negli adulti di mezza età e negli anziani.
Carlotta Franchi | Responsabile Laboratorio di Farmacoepidemiologia e Nutrizione Umana
Marianna Monte | Giornalista