Nei giorni scorsi l'Agenzia regolatoria per il farmaco britannica (MHRA, Medicine and Healthcare products Regulatory Agency) ha autorizzato, accanto all'uso terapeutico, anche l'uso preventivo del farmaco anastrozolo in tutte le donne che hanno un rischio medio o alto di andare incontro ad una diagnosi di tumore al seno.
È possibile che anche nel nostro paese venga approvato l’uso dell’anastrozolo in prevenzione? Valter Torri e Roldano Fossati del Dipartimento di Oncologica clinica affrontano l’argomento analizzando la situazione attuale in Italia.
Il cancro al seno è il più comune tumore femminile, con più di 2 milioni di donne diagnosticate, e circa 630.000 morti ogni anno (dati OMS) nel mondo. In Italia, secondo i dati riportati da “I numeri del cancro in Italia” a cura dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) e l’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), ogni anno si registrano circa 55.000 nuove diagnosi.
Vi sono diversi fattori di rischio per il cancro del seno, ma solo su alcuni, come il sovrappeso, l’obesità e il consumo di alcol si possono operare azioni correttive. Tra i fattori non modificabili rientrano l’età, una storia familiare di tumore mammario e l’invecchiamento che aumenta il rischio di ammalarsi
Sono associati ad un aumento di rischio un primo ciclo mestruale precoce (prima dei 12 anni) o una menopausa tardiva (dopo i 55 anni), ma anche l’assenza di gravidanze. Anche la pillola contraccettiva (che pure riduce le probabilità di ammalarsi di alcuni altri tipi di tumore, ad esempio il tumore dell’ovaio) o alcune terapie ormonali usate in menopausa per contrastarne i sintomi sembrano essere associate ad un lieve aumento del rischio, mentre l’allattamento al seno lo riduce.
Gli, estrogeni, ormoni sessuali giocano dunque un ruolo di primo piano nel determinare il rischio di ammalarsi di tumore al seno. Per questo motivo, sono stati sviluppati farmaci che possono ridurre la produzione di estrogeni, come i SERM (modulatori selettivi del recettore dell'estrogeno) e gli inibitori dell'aromatasi.
I SERM, come il tamoxifene, agiscono sul recettore dell'estrogeno, bloccandone l'azione. Gli inibitori dell'aromatasi (l’enzima coinvolto nella produzione di estrogeni, come l'anastrozolo, invece, bloccano la sintesi degli estrogeni a livello del tessuto adiposo.
Questi farmaci sono attualmente utilizzati, anche nel nostro paese, per il trattamento delle donne con tumore al seno.
Il meccanismo di azione dei SERM è di competere con i recettori dell’estrogeno, presenti sulla superficie cellulare di molti tumori mammari, modulandone l'azione e sono usati anche nelle donne più giovani. Gli inibitori dell’aromatasi riducono la stimolazione degli estrogeni sulle cellule tumorali bloccandone la produzione nel tessuto adiposo dove si verifica il processo di sintesi grazie all’azione di un enzima chiamato aromatasi.
Questi agiscono dunque nelle pazienti in post menopausa, nelle quali la produzione degli estrogeni a livello delle ovaie, che non necessita di questo enzima, è cessata.
L'efficacia di questi farmaci nella prevenzione del cancro al seno è stata dimostrata da diversi studi clinici condotti negli ultimi 30 anni.
Una sintesi dei risultati di questi studi è emersa da una recente revisione sistematica che ha valutato i dati di otto studi randomizzati che hanno coinvolto quasi 55.000 pazienti. che utilizzavano SERM (tamoxifene o raloxifene) o inibitori dell’aromatasi (anastrozolo o examestane), tutti verso placebo, e i dati di un trial di confronto tra SERM (circa 20.000 pazienti).
È emerso che nelle donne a medio e alto rischio di ammalarsi di tumore della mammella i SERM portavano ad una riduzione del rischio nell’ordine di 8-15 casi ogni 1.000 donne trattate per 5 anni, a fronte, tuttavia, di un aumento del rischio di eventi trombolembolici. Per gli inibitori dell’aromatasi la riduzione del rischio è risultata pari a circa 15 casi ogni 1.000 donne per 5 anni di trattamento, anche se la privazione degli estrogeni ha comportato un maggiore incidenza di dolori articolari e osteoporosi.
Tutti questi dati hanno indotto il National Institute for Health and Care and Excellence (NICE) britannico
a raccomandare questi farmaci per la prevenzione del tumore al seno nelle donne a medio/alto rischio di tumore al seno in premenopausa (Tamoxifen) e in post menopausa (Anastrozolo e SERM). Sulla stessa linea anche l’ASCO (associazione di oncologia clinica degli Stati Uniti) ha approvato l’uso dei SERM e dell’anastrozolo. La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato l’uso del tamoxifene in pre e post menopausa e del raloxifene in post menopausa.
In Italia, dal 2017 il tamoxifene è nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del SSN per il trattamento preventivo del cancro al seno nelle donne ad alto rischio (>30% nel corso della vita) e il raloxifene per le donne in post menopausa ad alto rischio.
Lo studio che ha messo in luce nuove evidenze sull’uso dell’anastrozolo in prevenzione post-menopausa si chiama IBIS II e risale al 2020.
I dati che confrontavano l’anastrozolo contro placebo (pazienti non trattate), hanno dimostrato il permanere dell’efficacia preventiva per ulteriori 5 anni dopo la fine dei 5 anni di trattamento. Inoltre, la sintomatologia legata alla privazione degli estrogeni, dolori articolari e lo sviluppo di osteoporosi, sono risultati simili nel lungo periodo a quella del gruppo di pazienti non trattate.
Ciò ha indotto l'Agenzia regolatoria per il farmaco britannica (MHRA, Medicine and Healthcare products Regulatory Agency) ad autorizzare, accanto all'uso terapeutico, anche l'uso preventivo dell'anastrozolo in post-menopausa. Questa autorizzazione avviene nell'ambito di un progetto britannico di "riposizionamento" dei farmaci, con cui si cercano nuove applicazioni per prodotti già noti, per i quali è scaduto il brevetto e per i quali le aziende non investono ulteriori risorse. L’anastrozolo può oggi essere prodotto come farmaco equivalente a bassissimo costo.
Si è stimato che l'intero trattamento della durata di 5 anni utilizzato anche solo dal 25% delle 289.000 donne considerate ad alto rischio potrebbe evitare in Gran Bretagna circa 2.000 casi di tumore al seno e prevenire 2.000 tumori al seno implicherebbe per il Servizio sanitario inglese un risparmio di 15 milioni di sterline.
La decisione della MHRA può avere un effetto anche sulla decisione di altri enti regolatori europei anche se rimangono dubbi sulla precisa definizione del rapporto rischio beneficio. Mentre l’efficacia sulla riduzione dei tumori al seno è dimostrata, non ci sono differenze nella mortalità specifica per cancro al seno fra i pazienti che hanno ricevuto anastrozolo (due morti nel gruppo anastrozolo contro tre morti nel gruppo placebo) e ciò può rendere meno entusiasti ad accettare 5 anni di trattamento in donne sane. Comunque, come detto, gli effetti collaterali specifici dell'anastrozolo, osservati durante il trattamento attivo e specie nel primo anno, quali artralgie, vampate di calore, e secchezza vaginale, sono sembrati risolversi dopo la fine della terapia e non sono state registrate significative differenza nel numero di fratture ossee o eventi cardiovascolari.
Possiamo concludere che il farmaco perfetto per la prevenzione del tumore al seno non è ancora stato scoperto ma lo studio IBIS II ha dimostrato che nelle donne in post menopausa ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno esiste già uno strumento che può dimezzare questa evenienza.
Valter Torri - Roldano Fossati