ultimo aggiornamento:
February 26, 2020

Love Design 2019: il design sostiene AIRC e il progetto di ricerca di Chiara Pesenti sul tumore ovarico

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Love Design, appuntamento biennale con il design a Milano, è un evento organizzato da Fondazione AIRC (Associazione Italiana Ricerca Cancro) e Comitato Lombardia in collaborazione con ADI (Associazione per il Disegno Industriale). Questa iniziativa nasce con lo scopo di vendere prodotti generosamente donati da famose aziende per ricavare risorse da destinare alla ricerca contro il cancro, assicurando così nuove risorse al progresso della ricerca oncologica italiana.

Chiara Pesenti, ricercatrice del Mario Negri impegnata sullo studio del tumore ovarico, racconta la sua esperienza da vincitrice dell'edizione 2019.

Quali sono i requisiti per ricevere una borsa di studio di questa importanza, Love Design 2019?

"Le borse AIRC sono destinate a tutti i laureati in Medicina, Biologia e Biotecnologie che presentino un progetto di ricerca della durata massima di tre anni, meritevole di finanziamento per l’importanza che potrebbe avere nella ricerca sul cancro. La mia e le altre due borse sono state finanziate da Love Design, che ha come fine quello di raccogliere fondi per la ricerca contro il tumore.

Tutte e tre le borse del 2019 sono state assegnate a progetti per un tumore prettamente femminile, come quello da me studiato, cioè il tumore all’ovaio".

Parlaci del tuo lavoro sul tumore ovarico.

"Ho iniziato da relativamente poco tempo a studiare il tumore ovarico, con l'arrivo all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Prima mi sono occupata di altri tipi di tumore, tra cui tumore alla mammella, al colon, al polmone. Il mio attuale progetto di ricerca è volto alla caratterizzazione dal punto di vista genomico ed epigenomico del DNA, cioè l’alfabeto delle cellule, e di tutto ciò che lo circonda. Lo studio sarà condotto negli stadi precoci di tumore epiteliale all’ovaio. Questo tumore ginecologico, purtroppo, è ancora fatale, infatti gli stadi avanzati di questa patologia hanno tutt’oggi una sopravvivenza molto bassa. L’idea del mio progetto è quella di capire cosa succede negli stadi iniziali della malattia, come evolve e come si potrebbe diagnosticarla precocemente per evitare che diventi troppo aggressiva".

Il tuo progetto di ricerca prevede l’utilizzo di tecniche molto sofisticate di Next Generation Sequencing: spieghi in parole semplici in che cosa consistono?

"La tecnologia di Next Generation Sequencing, come dice la definizione stessa, ci permette di "leggere" con approcci di nuova generazione il codice contenuto nelle molecole di acidi nucleici, ossia il DNA o l’RNA, all'interno delle cellule. Leggendo questo codice si riesce così a capire quali “decisioni” prenderà ogni cellula. Una cellula, infatti, si comporta in base a ciò che sta scritto nel suo DNA e da come esso viene letto e trascritto, ossia l’RNA.

Il DNA delle cellule tumorali - continua Chiara - è differente, alterato da diversi processi tumorigenici. Capire cosa c’è al suo interno e come viene trascritto ci permette di decifrare i comportamenti di una cellula tumorale e di conseguenza di studiare modi per contrastare la sua crescita. La tecnologia Next Generation Sequencing è l’approccio con il quale leggiamo e ricostruiamo il DNA e l’RNA delle cellule tumorali".

chiara pesenti che conduce la ricerca sul tumore ovarico

Raccontaci la tua giornata tipo in laboratorio.

"Il lavoro in laboratorio è estremamente dinamico: infatti, difficilmente capita di avere un giorno identico a un altro! Puntualmente ogni giorno capita l’imprevisto! Comunque, di solito la giornata è divisa tra esperimenti al bancone con guanti, camice, protocolli e pipette, e studio alla scrivania per tenersi aggiornati, per capire. Un'altra parte importante del nostro lavoro è la partecipazione a riunioni, che nasce dalla costante necessità di aggiornarsi e confrontarsi con persone del proprio team e non solo. Momenti utili per fermarsi un attimo e capire se si sta percorrendo una buona strada oppure no".

Perché hai scelto di intraprendere la strada della ricerca? Che cosa rappresenta per te lavorare al Mario Negri?

"La mia storia è un po' particolare perché ho scelto definitivamente di intraprendere la ricerca, iscrivendomi ad un dottorato di ricerca a quasi trent’anni. Non significa che io sia vecchia, eh! Però di solito se si sceglie un percorso di questo tipo lo si fa subito dopo la laurea. Invece, io prima ho fatto una scuola di specializzazione in Genetica Medica, che ti prepara a poter fare attività diagnostica negli ospedali, nei reparti dedicati. Durante gli anni di specialità ho avuto la fortuna di avere una responsabile, la prof.ssa Monica Miozzo, molto dedita anche all’attività di ricerca che, quindi, mi ha spronato a farla. Di conseguenza, per farla breve, a fine specialità ho capito che mi piaceva tanto fare ricerca e ho deciso di farlo diventare il mio lavoro a tempo pieno. Mi sono, perciò, spostata al Mario Negri dove si fa ricerca ad alti livelli".

Dove ti vedi fra dieci anni?

"È difficile dire dove mi vedo tra dieci anni con un lavoro come quello del ricercatore, che è strettamente connesso al precariato. Per certo, per i prossimi tre anni, grazie alla borsa AIRC, sarò qui in laboratorio a condurre il mio progetto sul carcinoma dell'ovaio. Posso al massimo provare a dire dove spero di essere tra dieci anni, ovvero ancora nel mondo della ricerca, con lo stesso entusiasmo di adesso, indispensabile per fare questo lavoro. Mi auguro che per allora sarò riuscita a dare un buon contributo alla ricerca in campo oncologico, campo che ho scelto".

Quali sono secondo te le gioie e i dolori della ricerca?

"La gioia più grande è vedere il proprio lavoro pubblicato e consultabile dal mondo intero. Sapere di esserci, di fare qualcosa, anche se di piccolo. Ogni esperimento ben riuscito, sulla base di un’idea che si è avuta, è una gioia. Al contrario ogni fallimento in laboratorio rappresenta un vero dispiacere. Però, in generale, io sono un’ottimista, quindi dolori veri e propri non ne ho mai provati. Arrabbiature, quelle sì, tante, ma che ci posso fare!!".

Se non avessi scelto di fare la ricercatrice, cosa avresti fatto?

"Se penso al sogno di bambina, senza ombra di dubbio la veterinaria, per essere costantemente circondata da cani e animali. Cinque anni fa, quando ho scelto la specialità in Genetica Medica, volevo seguire le orme di mio padre e lavorare in un laboratorio ospedaliero, per aiutare in maniera più diretta i pazienti. Poi ho capito che potevo aiutarli anche in modo più indiretto, facendo ricerca per trovare nuovi approcci alla diagnosi di patologie orribili come il tumore".

Chi è Chiara nel tempo libero?

"Nel tempo libero amo praticare sport, nuoto e corsa, andare in montagna a fare passeggiate, passare del tempo con il mio cane e il mio compagno. Mi piace uscire con gli amici per bere una birra insieme o del buon vino. Poi adoro la cucina, la mia grandissima passione, in particolare la pasticceria per cui spero di poter frequentare qualche corso in futuro. Amo visitare posti nuovi, viaggiare: infatti, se riesco nel weekend parto sempre per qualche gita".

Buon lavoro, allora, a Chiara e buona fortuna al suo progetto sul tumore ovarico!

Raffaella Gatta in collaborazione con Chiara Pesenti

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