ultimo aggiornamento:
24/5/2023
December 11, 2019

PFAS: che cosa sono e come ridurre l’impatto sulla salute e sull’ambiente

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PFAS: che cosa sono?

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), o acidi perfluoroacrilici, sono una famiglia di composti chimici ampiamente utilizzati dall’industria in quanto idrorepellenti e oliorepellenti. Per semplificare si tratta di acidi molto forti, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione. Questa azione deriva dalla sostituzione degli atomi di idrogeno, comunemente presenti nelle sostanze, con atomi di fluoro attraverso dei legami fra carbonio e fluoro.

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I PFAS nascono negli anni '40 come composti chimici detti “di sintesi”. Oggi ne contiamo oltre 4.000 sostanze. Si ritrovano ovunque, nella nostra vita quotidiana: dalle pentole antiaderenti, all’abbigliamento e alle scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari e nei pesticidi.

Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute. Sono recenti le notizie diffuse circa la contaminazione dell’acqua destinata al consumo giornaliero in Veneto e Lombardia.

Nessun allarmismo, però: l’acqua del rubinetto si può bere perché è controllata mediante procedure molto serrate.

PFAS: in quali processi industriali sono usati

Vi sono molteplici processi industriali in cui i PFAS sono utilizzati:

  • nei prodotti ad uso domestico per conferire proprietà antiaderenti alle superfici interne delle pentole. Alcuni PFAS sono utilizzati in detergenti, lucidanti per pavimenti e vernici al lattice, come emulsionanti, tensioattivi o agenti umettanti. Inoltre, alcuni PFAS sono utilizzati alla fine del processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all'acqua, all'olio, al suolo e alle macchie;
  • negli articoli medicali per impianti/protesi mediche e per prodotti come teli e camici chirurgici in tessuto non-tessuto per renderli impermeabili ad acqua e olio e resistenti alle macchie;
  • nella placcatura di metalli;
  • nella lavorazione del petrolio e nella produzione mineraria;
  • nella produzione di carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti (OECD/UNEP, 2013);
  • nella produzione di tessuti, pelle, tappeti, abbigliamento e tappezzeria (ad es. Gore-Text®);
  • nel settore aeronautico, aerospaziale e della difesa, per la produzione dei vari componenti meccanici;
  • nel settore automobilistico, per migliorare i sistemi di erogazione del carburante e per prevenire infiltrazioni di benzina;
  • nella produzione di cavi e cablaggi, grazie alla bassa infiammabilità;
  • nell’edilizia, per rivestire materiali che diventino resistenti agli incendi o agli agenti atmosferici (come tessuti di vetro, piastrelle, lastre di pietra, cemento o metalli). Inoltre, sono utilizzati come additivi nelle pitture;
  • nel settore elettronico, grazie alle proprietà dielettriche e idrorepellenti;
  • nel settore energetico, per coprire collettori solari e migliorare la loro resistenza agli agenti atmosferici;
  • nei prodotti antincendio, come schiume ed equipaggiamenti.

PFAS e rischi per la salute e l’ambiente

I PFAS rappresentano un rischio per l’uomo e per l’ambiente. Purtroppo, possono penetrare nelle acque sotterranee, se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo addirittura per accumularsi nelle piante. Qui vanno ad incrementare il rischio di ingresso nella catena alimentare, venendo assorbiti dal sangue con conseguenze che sono tuttora oggetto di numerosi studi scientifici per il loro impatto sulla salute.

Dai risultati di ultimi studi scientifici, sperimentali ed epidemiologici, l’EFSA - Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha indicato un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo, e altri studi hanno mostrato alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie. I PFAS, infatti, sono purtroppo anche sostanze mobili, oltre che persistenti e tossiche, e la combinazione di queste caratteristiche che li rendono molto pericolosi. L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo.

Esiste una soluzione al problema PFAS? L’impegno del Mario Negri

I ricercatori del Laboratorio di Chimica e Tossicologia dell’Ambiente (del Dipartimento di Ambiente e Salute) conducono da diversi anni ricerche il cui obiettivo è individuare potenziali sostituti delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) con sostanze che abbiano un minore impatto sull’ambiente e sulla salute. La sfida è impegnativa e complessa, poiché richiede la necessità di valutare contemporaneamente molte proprietà. Per gli scopi industriali, tra l’altro, è necessario valutare non solo le proprietà avverse ma anche quelle funzionali. La migliore strategia, quindi, sarebbe di procedere non più in modo retrospettivo, accorgendoci del danno quando è ormai troppo tardi. Per proteggerci dai PFAS bisogna pianificare il futuro e considerare tutte le proprietà di una sostanza che è introdotta sul mercato.

Emilio Benfenati, responsabile del Dipartimento di Ambiente e Salute, spiega che oggi possiamo avvalerci di metodiche in grado di modellare contestualmente sia le caratteristiche funzionali che quelle ambientali di persistenza, stabilità, tossicità e così via. Al Mario Negri è stata sviluppata una piattaforma di modelli chiamata VEGAHUB, disponibile gratuitamente, che dà la possibilità di scegliere per ordine di importanza sostanze alternative ai PFAS a catena lunga in base all’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute.

Alcuni esempi di modelli sono:

  • il programma JANUS, sviluppato per il Governo tedesco, che lo usa per tale scopo;
  • i vari modelli VEGA per le diverse proprietà ambientali, tossicologiche ed ecotossicologiche;
  • i programmi VERMEER, che tengono conto di settori specifici, quali il rilascio da materie plastiche, scenari ambientali particolari, etc.

Emilio Benfenati - Dipartimento Ambiente e Salute

Editing Raffaella Gatta - Content editor

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