Data prima pubblicazione
7/4/2021
September 25, 2024

ADHD: cos'è il disturbo da deficit di attenzione/iperattività

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Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (in acronimo ADHD) è un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell'adolescente, caratterizzato da disattenzione, iperattività e impulsività. Ne soffrono circa 2 milioni di italiani.

Indice

Che cos'è e qual è il significato di ADHD?

ADHD sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Cosa significa? In italiano sta per Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività.

Si tratta di un disturbo del neurosviluppo del bambino e dell'adolescente caratterizzato da sintomi ben definiti e continui come:

  • difficoltà di prestare attenzione e mantenere la concentrazione;
  • comportamenti impulsivi;
  • irrequietezza fisica o iperattività motoria

Questo disturbo dell'attenzione si manifesta solitamente prima dei 7 anni d’età per almeno 6 mesi.

Di ADHD non soffrono solamente i ragazzi ma anche gli adulti: oltre due terzi degli adolescenti, a cui è stato diagnosticato questo disturbo in età infantile, continua a presentare i sintomi anche in età adulta con conseguenze nella vita famigliare, di coppia e lavorativa.

L'ADHD affligge circa il 5,9-7,1% dei bambini e adolescenti nel mondo, il 2,5% degli adulti. In Italia ne soffre circa il 2,9% dei bambini, soprattutto maschi, nella fascia d’età compresa tra i 5 e 17 anni. In molti casi permane o viene diagnosticato nell’età adulta, dove ha una prevalenza analoga.

Sono affetti da ADHD da 1 a 2 milioni di italiani , spesso senza saperlo.

Secondo l'American Psychiatric Association, la prevalenza di ADHD tra i bambini americani è del 3-5 per cento, per un totale di quasi 5 milioni di bambini.

Alcuni ambiti della vita quotidiana, come la scuola e le amicizie, sono significativamente influenzati dall'ADHD. Negli adulti questo disturbo si accompagna spesso a disturbi d’ansia e del sonno, depressione e abuso di sostanze o performance accademiche e lavorative inferiori alla media. Lo stigma sociale spesso colpisce le persone che ne soffrono, con conseguenti discriminazioni sul lavoro e nella vita privata.

ADHD: ecco i principali sintomi del disturbo da deficit di attenzione/iperattività

L'ADHD viene definito come “una situazione/stato persistente di disattenzione e/o iperattività e impulsività più frequente e grave di quanto tipicamente si osservi in bambini di pari livello di sviluppo”, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (uno strumento utilizzato dai medici per diagnosticare disturbi mentali).


I sintomi dell'ADHD che si presentano prima dei 7 anni di età e perdurano per almeno 6 mesi sono:

  • disattenzione
  • iperattività
  • impulsività.

Oltre a questi, possono manifestarsi anche:

  • difficoltà a concentrarsi;
  • difficoltà nell'ascolto;
  • eccesiva vivacità e attività;
  • estrema distrazione;
  • irascibilità;
  • impazienza;
  • difficoltà di apprendimento.

Questi sintomi tipici dell'ADHD devono manifestarsi in più di una circostanza (casa, lavoro o scuola), e a seconda della circostanza, appunto, possonno variare, dividendosi in tre sotto-tipi di disturbo:

  • manifestazione combinata, tipica dell'età evolutiva e caratterizzata da una combinazione di disattenzione e di iperattività-impulsività;
  • manifestazione con disattenzione predominante, i cui sintomi sono riconducibili soprattutto alla sola disattenzione, tanto che spesso genitori e insegnanti tendono a trascurare la sintomatologia;
  • manifestazione con iperattività-impulsività predominanti, in cui la maggior parte dei sintomi appartengono a iperattività e impulsività.

Quali sono le cause dell’ADHD?

Le cause dell’ADHD possono essere di natura:

  • genetica
  • neurobiologica
  • ambientale.

Studi di genetica che hanno coinvolti i bambini hanno mostrato l’esistenza di un’associazione tra l’ADHD e alcuni geni. Ad esempio, un’alterazione nel gene responsabile della produzione di un neurotrasmettitore (dopamina) potrebbe essere una delle cause di questo disturbo: la dopamina è quella sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni e, quindi, è alla base di molti processi cognitivi, come ad esempio attenzione e memoria.

Nonostante non vi siano ancora evidenze scientifiche consistenti, la maggior parte dei farmaci utilizzati per curare l’ADHD, infatti, aumenta l’efficacia dell’attività della dopamina nella comunicazione tra neuroni, aiutando così il paziente a prestare maggiore attenzione.

Ulteriori studi hanno dimostrato anche la familiarità del disturbo: un bambino affetto da ADHD ha 4 volte più probabilità di avere un parente con la stessa malattia; così come un terzo dei padri che soffrono di ADHD ha un figlio con lo stesso disturbo.

Esistono poi alcuni fattori ambientali che sono associati all’ADHD, in particolare fattori di rischio prenatali, come:

  • esposizione prolungata a fumo di sigaretta;
  • assunzione di alcool o droga in gravidanza;
  • ipertensione;
  • stress;
  • complicanze durante il parto;
  • nascita pretermine;
  • basso peso alla nascita.

Tali fattori non causano in maniera diretta questo disturbo ma possono favorire la comparsa di alterazioni nei geni, che portano poi all’insorgenza dell’ADHD.

Le cause di natura neurobiologica che possono causare la comparsa dell’ADHD sono difetti nella struttura e nel funzionamento della parte frontale del cervello, responsabile di processi cognitivi primari come la pianificazione e l’organizzazione dei comportamenti, l’attenzione e il controllo inibitorio. I deficit strutturali possono poi interessare anche la regione cerebrale che regola le emozioni (limbo) e una parte del sistema nervoso che regola la comunicazione all’interno del cervello (gangli). Tutte queste regioni cerebrali sono interconnesse tra di loro e, quindi, un deficit anche in una sola di esse potrebbe originare il disturbo.

Diagnosi ADHD: ecco come viene effettuata

Sono tanti gli strumenti utilizzati dal medico che si occupa di questo disturbo, ovvero il neuropsichiatra infantile, per diagnosticare l’ADHD:

  • colloqui riguardanti la storia clinica del paziente;
  • esami neurologici volti a valutare lo stato mentale del paziente, come anche il suo sistema motorio, la sua forza muscolare, la sua coordinazione e i suoi riflessi;
  • valutazione delle abilità cognitive, e cioè di tutti quei processi attraverso i quali una persona percepisce, registra, mantiene, recupera, manipola, usa ed esprime informazioni per qualsiasi compito che affrontiamo ogni giorno;
  • colloqui volti a valutare i disturbi mentali e le patologie connesse, riguardo ad ansia, umore e alimentazione;
  • questionari relativi al comportamento del bambino, compilati dai genitori e dall’insegnante;
  • questionari circa una valutazione globale della gravità del disturbo compilato dal neuropsichiatra.

Le visite di follow-up devono essere effettuate ogni 6 mesi.

A quali altri disturbi si associa l’ADHD?

Il 72% dei bambini con ADHD presenta altre patologie psichiatriche tra cui disturbi dello spettro autistico (ASD, autism spectrum disorders), dislessia (difficoltà nella lettura) e disturbo oppositivo provocatorio (problemi di autocontrollo, rabbia e irritazione).

La presenza di più patologie, o comorbilità, rende difficile la diagnosi di ADHD, contribuendo al suo mancato riconoscimento tempestivo. Il disturbo, quindi, non riuscirà ad essere trattato in età pediatrica, ripresentandosi anche in età adulta.

A complicare la diagnosi di ADHD è poi la presenza di sintomi comuni ad altre patologie che portano ad escludere il disturbo dell’attenzione e dell’iperattività oppure a considerarlo secondario. Crescendo, gli stimoli ambientali aumentano e questo fa sì che il ragazzo affetto da ADHD ha difficoltà ad organizzarsi, manifestando quindi ansia, depressione e disturbi del sonno.

L’isolamento, l’aggressività e la rabbia sono alcune delle conseguenze di questo disturbo, a cui si può rimediare una volta cresciuti utilizzando alcuni farmaci che tengono sotto controllo i sintomi.

Come curare l'ADHD: trattamenti e terapie disponibili

I trattamenti per l’ADHD si dividono in farmacologici e non-farmacologici.

I trattamenti farmacologici sono utilizzati per curare i casi più difficili: il farmaco prescritto (solitamente metilfenidato o atomoxetina) agisce direttamente sulla funzionalità del cervello, che nel caso di un bambino è ancora in via di sviluppo.

Dopo un’approfondita indagine sulla storia clinica e medica del paziente, il medico specializzato in neuropsichiatria infantile avrà il compito di capire:

  • quando è necessario prescrivere il farmaco;
  • se il paziente presenta anche altri disturbi (comorbilità);
  • qual è la compromissione della vita quotidiana attribuibile al disturbo.

I trattamenti non farmacologici, invece, prediligono un approccio multimodale, che coinvolge i genitori (parent training), i bambini (child training) e gli insegnanti (teacher training). Le terapie digitali sono spesso utilizzate per curare questo disturbo: Endeavor, ad esempio, è il primo videogioco sviluppato a scopo terapeutico per bambini affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

Bambini e ADHD: come si relaziona questo disturbo nei bambini?

I bambini che soffrono di ADHD hanno spesso difficoltà ad organizzarsi con i compiti e con le altre attività extra-scolastiche.

Inoltre, non riescono a mantenere in ordine materiali e oggetti, eseguono compiti in maniera disordinata e disorganizzata, gestendo male il tempo e non riuscendo a rispettare le scadenze.

Per questo motivo, il modo più giusto in cui un genitore/insegnante dovrebbe comportarsi prevede innazitutto osservare i comportamenti del figlio, cercando di non giudicarlo. Poi dovrà cercare di dare al proprio bambino delle regole, poche ma chiare e meglio se in positivo. Infine, è importante cercare di "premiare" il bambino per i traguardi comportamentali raggiunti, anche se parziali.

Quali sono gli studi dell’Istituto Mario Negri nella ricerca sull’ADHD?

Nel 2007 l’Istituto è stato coinvolto nella stesura del registro italiano per persone affette da ADHD in trattamento farmacologico.

Successivamente, nel 2011, con il contributo della Regione Lombardia è stato attivato il Registro Lombardo dell’ADHD nell’ambito del progetto “Condivisione dei percorsi diagnostico-terapeutici per l’ADHD in Lombardia”.

Il Registro consente, quindi, di:

  1. monitorare i percorsi diagnostici;
  2. delineare la prevalenza del disturbo;
  3. monitorare i percorsi terapeutici anche non farmacologici;
  4. mantenere l’iniziativa di farmacovigilanza estendendo il monitoraggio dell’uso dei farmaci anche a farmaci diversi da quelli specifici;
  5. quantificare il carico di lavoro dei Centri di Riferimento.

Nel periodo 2011-2022 il Registro Lombardo è stato coordinato dal Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto Mario Negri.

In questo periodo, il Registro ha raccolto i dati di 7.107 nuovi pazienti in carico ai 19 Centri di Riferimento di cui 4.777 con diagnosi accertata, 2.073 a cui non è stato riscontrato l’ADHD e 257 ancora in corso di valutazione alla fine del 2022. La maggior parte delle segnalazioni ai centri è giunta dalla scuola (30%). Dei 4.777 pazienti a cui è stato diagnosticato l’ADHD, il 79% ha ricevuto solo la terapia psicologica, mentre al 19% è stato prescritto anche un farmaco, quasi sempre come trattamento combinato con gli interventi di tipo comportamentale. Le comorbilità più frequentemente riscontrate sono state: i disturbi dell’apprendimento (38%), i disturbi del sonno (14%) e il disturbo oppositivo/provocatorio (14%).

A partire dai dati del registro è stato possibile condurre studi specifici sulle caratteristiche dei pazienti, sui costi relativi alla diagnosi e al trattamento e sull’efficacia dei trattamenti.

Inoltre, i ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia medica hanno condotto anche indagini volte ad analizzare la transition, ovvero la fase di passaggio dai servizi per l’infanzia ai servizi per l’adulto affetto da ADHD.

In particolare, nell’ambito di un progetto di Ricerca Finalizzata finanziato dal Ministero della Salute, condotto tra il 2021 e il 2024 sono stati valutati i percorsi di transizione di un gruppo di ragazzi con ADHD, attraverso un questionario rivolto a loro e agli operatori sanitari (dei servizi pediatrici e dell’adulto) che li hanno assistiti. Questo studio ha evidenziato come solo nella metà dei casi è stato tentato un invio dai servizi pediatrici a quelli dell’adulto e che solo 1 giovane ha una continuità di cure anche dopo la maggiore età in una struttura del Servizio Sanitario Nazionale. La mancanza di cure adeguate può tradursi in maggiori difficoltà relazionali e di comportamenti aggressivi.

Tenendo conto di questi risultati e delle linee guida internazionali, è stato elaborato con un gruppo di lavoro multidisciplinare un documento di raccomandazioni finali condivise per l’assistenza alla transizione tra servizi pediatrici e servizi per adulti al compimento della maggiore età per giovani con ADHD.

I risultati di questi studi suggeriscono che c’è ancora molto lavoro da fare per garantire un’assistenza adeguata ai ragazzi e ai giovani affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività e alle loro famiglie.

Antonio Clavenna e Francesca Scarpellini - Laboratorio di Epidemiologia dell'età evolutiva - Dipartimento Epidemiologia medica

Maurizio Bonati - Senior Advisor Dipartimento Epidemiologia medica

Raffaella Gatta - Content manager

Ulimo aggiornamento e editing - Ufficio Comunicazione 25/09/2024

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