Il pantoprazolo è l’inibitore di pompa protonica più prescritto. Il suo utilizzo è stato approvato dalle agenzie regolatorie per il trattamento di vari disturbi, dal reflusso gastroesofageo alla sindrome di Zollinger-Ellison. Inoltre, è consigliato anche per il mantenimento post guarigione dell’infiammazione dell’esofago.
Il pantoprazolo è una molecola che appartiene al gruppo dei farmaci gastroprotettori. E' un inibitore di pompa protonica (IPP) in grado di proteggere lo stomaco da una situazione di eccessiva acidità, bloccando la secrezione dei succhi gastrici.
Oltre al suo impiego standard, il pantoprazolo viene spesso utilizzato anche off-label (cioè per indicazioni non ufficialmente approvate), per esempio nella prevenzione del sanguinamento da un'ulcera peptica o da ulcere gastriche indotte da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), oppure come parte di una terapia combinata per eliminare l’Helicobacter pylori, il batterio associato a gastriti croniche e ulcere duodenali.
La presenza di pantoprazolo nello stomaco fa diminuire il pH interno proprio durante la fase di produzione dell’acido gastrico. Il pantoprazolo si lega alle proteine che rivestono la mucosa gastrica, chiamate pompe protoniche ATP H+/K+, impedendo la secrezione di succhi gastrici e causando la loro inibizione in maniera irreversibile. Questo effetto dura però solo 24 ore, in quanto le pompe protoniche vengono rimpiazzate continuamente.
Nel caso del reflusso gastroesofageo, il pantoprazolo si rivela particolarmente utile perché riduce l’acidità che può irritare la mucosa dell’esofago, spesso già infiammata. Questo disturbo, molto comune, si manifesta con sintomi fastidiosi come bruciore, rigurgito e dolore retrosternale. Nei pazienti che ne soffrono frequentemente, il trattamento con pantoprazolo contribuisce a ridurre l’infiammazione e a prevenire complicanze più serie, come l’esofagite erosiva. Inoltre, grazie al suo buon profilo di tollerabilità e all’azione mirata, il farmaco è indicato sia nelle fasi acute sia nel mantenimento, sempre su indicazione del medico.
Il pantoprazolo è un farmaco ampiamente utilizzato per il trattamento dei disturbi legati all’iperacidità gastrica, cioè alla produzione eccessiva di acido da parte dello stomaco. Agisce in modo selettivo e prolungato, offrendo un sollievo efficace dai sintomi e favorendo la guarigione delle mucose danneggiate. È indicato sia nei trattamenti a breve termine, per esempio in presenza di sintomi acuti, sia in terapie più prolungate, laddove sia necessario proteggere lo stomaco da irritazioni continue o da farmaci potenzialmente gastrolesivi, come gli antinfiammatori.
Grazie al suo meccanismo d’azione e al buon profilo di sicurezza, il pantoprazolo è usato per trattare diverse condizioni:
Per capire quale sia la dose più corretta di pantoprazolo da assumere, è necessario rivolgersi al medico per ottenere una diagnosi. Infatti, esistono diversi protocolli di somministrazione in base al disturbo da trattare.
Ad esempio, in caso di reflusso gastroesofageo con infiammazione dell’esofago (esofagite), il pantoprazolo può essere somministrato sia per via orale che per via endovenosa, a seconda delle necessità cliniche.
In alcune situazioni, come la prevenzione delle recidive o la protezione gastrica durante trattamenti cronici con farmaci antinfiammatori (FANS), il pantoprazolo può essere prescritto anche per periodi prolungati, sempre con monitoraggio medico, fino a 12 mesi o oltre.
Non ci sono limitazioni circa il momento più giusto per l’assunzione di questo gastroprotettore. Diciamo, comunque, che è preferibile prenderlo 30 minuti prima del pasto.
L'assorbimento, e quindi l’attività, del pantoprazolo non è influenzato se preso insieme a farmaci antiacidi. La quantità di inibitore di pompa protonica somministrata che raggiunge la circolazione sistemica senza subire alcuna modificazione chimica e la velocità con cui il farmaco è reso disponibile nella circolazione sistemica si definisce biodisponibilità. Quella relativa al pantoprazolo è del 77% quando viene assunto oralmente.
La dose di pantoprazolo da assumere in un giorno cambia a seconda del trattamento che deve essere sempre stabilito dal medico.
In linea di massima, la dose massima al giorno è pari a 40 mg di pantoprazolo. Per curare i sintomi da reflusso gastroesofageo è sufficiente assumere 20 mg al giorno. Quando necessario, il medico potrebbe potrà decidere di rivedere le dosi e la durata. Nel trattamento dell'esofagite da reflusso, ad esempio, la somministrazione di pantoprazolo può arrivare fino a 8 settimane.
Anche se il pantoprazolo è un farmaco relativamente sicuro, esiste la probabilità che si verifichino effetti avversi. Gli effetti collaterali principali di questo gastroprotettore comprendono:
Le complicazioni a lungo termine dell'uso del pantoprazolo includono:
A dicembre del 2017, uno studio americano ha inoltre associato l’assunzione di pantoprazolo ad un aumentato rischio di sviluppare lupus eritematoso sottocutaneo subacuto. Questo evento è stato comunque considerato raro. Per questo motivo, la durata della terapia a base di pantoprazolo non deve superare le otto settimane, soprattutto negli anziani.
In generale, il pantoprazolo è un farmaco sicuro sia per gli adulti che per i bambini.
Esistono però persone nelle quali il suo utilizzo è controindicato, a causa di una ipersensibilità a molecole della stessa famiglia, come ad esempio l’omeprazolo, il lansoprazolo, il rabeprazolo, l’esomeprazolo o il dexlansoprazolo.
Le reazioni di ipersensibilità implicano shock anafilattico, disturbi respiratori (broncospasmo), reazioni a livello cutaneo (angioedema) e orticaria. Se dovesse verificarsi anche solo una di queste reazioni, la terapia a base di pantoprazolo dovrebbe essere immediatamente sospesa.
Infine, è importante evitare l’assunzione di pantoprazolo insieme a rilpivirina, un farmaco antiretrovirale utilizzato per curare l'HIV e l'AIDS. Prendere questi due farmaci contemporaneamente aumenta il rischio che il pantoprazolo non sia efficace in quanto si riduce la sua concentrazione nel sangue.
Nel caso delle donne in gravidanza o in allattamento, la questione è più delicata. Gli studi clinici sull’uso del pantoprazolo in gravidanza sono limitati e, per questo motivo, il suo impiego non è raccomandato come prima scelta, soprattutto nel primo trimestre.
Tuttavia, in situazioni in cui i benefici superano i rischi — ad esempio, in presenza di reflusso grave o esofagite non controllabile con altri rimedi — il medico può valutarne l’uso. Lo stesso vale per l’allattamento: il farmaco può essere escreto nel latte materno, ma in quantità molto ridotte. Anche qui, la decisione spetta al medico, che terrà conto dello stato di salute della madre e del bambino.
Questo gastroprotettore può diminuire la concentrazione o aumentare l'assorbimento di altri farmaci come ad esempio anfetamine, fluconazolo e metotrexato. Quindi, l’eventuale assunzione contemporanea di uno di questi farmaci con il pantoprazolo richiede vigilanza per monitorare l’efficacia farmacologica e per modificare se necessario il dosaggio.
Eventuali sovradosaggi di pantoprazolo possono essere rimediati solo attraverso la cura dei sintomi: il pantoprazolo, infatti, non è rimovibile dal corpo tramite emodialisi.
Studi di laboratorio hanno dimostrato che dosi che vanno da 709 mg/kg a 887 mg/kg hanno causato ipoattività, tremore e atassia ed infine la morte in modelli animali (topi, ratti e cani).
Il pantoprazolo è uno dei farmaci più prescritti in Italia, sia in ambito domiciliare che in ambito ospedaliero.
Uno studio pubblicato di recente su European Journal of Clinical Pharmacology ha però dimostrato che, ad esempio, l'ospedalizzazione non migliora la qualità della prescrizione di questa classe di farmaci. È stata presa in considerazione la prevalenza del loro consumo e la loro appropriatezza di prescrizione nella terapia per la malattia da reflusso gastroesofageo. L’analisi ha coinvolto pazienti di 65 anni o più, inclusi in uno studio (Registro REPOSI), a cui hanno partecipato dal 2008 più di 100 reparti di medicina interna e geriatria. È stata analizzata l’eventuale prescrizione di farmaci inibitori di pompa protonica sia al ricovero che alla dimissione dall'ospedale. I risultati dello studio dimostrano che su quasi 4000 pazienti dimessi dall'ospedale, a circa la metà di essi questi farmaci sono stati prescritti senza un'indicazione d'uso corretta o non prescritti affatto, nonostante l'indicazione a farlo.
Questi dati suggeriscono la necessità di sviluppare ed attuare nuove strategie ed interventi educazionali rivolti ai medici e mirati a far prescrivere con molta più cura i gastroprotettori.
Raffaella Gatta - Content Manager
In collaborazione con Carlotta Franchi - Laboratorio di Farmacoepidemiologia e Nutrizione Umana - Dipartimento di Politiche per la Salute