Cosa sapere sulla malattia virale dei maiali e cinghiali selvatici che rischia di diventare un allarme sociale.
La peste suina africana, in inglese African Swine Fever, dilaga in Italia. Sgombriamo subito il campo dal dubbio principale: nonostante l’utilizzo della parola “peste” possa incutere un certo timore, il virus che causa questa patologia non è trasmissibile all’uomo. Al contrario, si trasmette esclusivamente tra i suidi, famiglia alla quale appartengono principalmente maiali e cinghiali.
Sono attualmente 27 i focolai attivi in diversi allevamenti italiani: 19 in Lombardia, 7 in Piemonte e uno in Emilia Romagna, ma la situazione è in continua evoluzione. Parliamo di una malattia infettiva indotta da un virus straordinariamente contagioso che, quando entra in un allevamento suino, colpisce la maggior parte degli animali con una mortalità estremamente elevata. Questa la ragione per cui, nel momento in cui viene individuato un animale malato, la legge impone l’eliminazione di tutti gli altri capi. Oltre 120mila suini sono stati abbattuti finora nel nostro Paese nel tentativo di arginare l’epidemia, tre quarti dei quali solo negli ultimi mesi.
Le conseguenze sul benessere generale dei maiali e sulla filiera suina italiana e le sue esportazioni sono enormi. L’epidemia, iniziata il 7 gennaio 2022, ha già causato la chiusura di diversi mercati internazionali: molti i Paesi nel mondo che hanno bloccato l’import dei nostri salumi con oltre 500 milioni di euro di danni alle imprese.
La peste suina africana è una malattia infettiva trasmessa da un virus del genere Asfivirus, un virus a DNA che provoca nei suidi una febbre emorragica letale. Nel 95% dei casi l’animale colpito muore nell’arco di pochi giorni.
Il virus è molto contagioso e resistente all’ambiente esterno: può sopravvivere per lunghi periodi nelle secrezioni degli animali, nelle carcasse infette, nei salumi o nelle carni fresche e congelate.
I sintomi principali negli animali infetti sono:
La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.
Maiali e cinghiali selvatici sani, come si legge sul sito dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), vengono infettati principalmente per:
Come sottolineato in precedenza, la peste suina non è contagiosa per l’uomo, che non può essere infettato né attraverso il contatto diretto con animali malati, né attraverso l’ingestione di alimenti infetti di origine suina. Al momento, quindi, possiamo consumare senza pericolo carne di maiale o insaccati. Tuttavia l’essere umano può diventare un importante veicolo di trasmissione e diffondere la malattia sul territorio se non vengono rispettate rigorose regole di sicurezza. Di seguito eccone alcune.
Queste alcune tra le misure di sicurezza che il Ministero della Salute ha disposto per tutti gli allevamenti:
Ecco invece le misure di sicurezza valide per tutti i cittadini:
Al momento non esistono vaccini autorizzati in Unione Europea contro la peste suina africana, l’unico modo per arginare la diffusione dell’epidemia in corso nel nostro Paese sono le misure di prevenzione.
A rendere estremamente complicata la preparazione di un vaccino è il fatto che il virus è straordinariamente efficace nell’eludere il sistema immunitario dell’ospite che risulta incapace di produrre anticorpi in grado di neutralizzare quest’agente patogeno.
Un anno fa il Vietnam è stato il primo paese ad approvare dei vaccini contro la peste suina africana, i due vaccini sono stati sviluppati da due centri di ricerca con l'ausilio di scienziati statunitensi:
I dati sulla sicurezza e l'efficacia di questi due vaccini non sono ufficialmente disponibili, l’Organizzazione Mondiale per la Salute degli Animali (WOAH) ha comunicato che dovrebbero essere testati ulteriormente.
Anche l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) sta lavorando ad un vaccino contro il ceppo prevalente in Europa, Georgia 2007/1. I primi risultati, pubblicati sulla rivista Viruses, nel dicembre 2022, sembrano essere promettenti: i suini infetti sviluppano una risposta immunitaria che consente loro di resistere all’infezione già a due settimane dalla vaccinazione.
Marianna Monte | Giornalista
con la consulenza di Luca Perico | Laboratorio Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa