ultimo aggiornamento:
May 16, 2022

Pazienti e studi clinici giusti: come fare a trovarli?

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E’ stato recentemente pubblicato su BMC - Journal of Ovarian Cancer l’articolo “Knowledge and attitudes towards clinical trials among women with ovarian cancer: results of the ACTO study”. Il tema affrontato dagli autori è aumentare la conoscenza di tutti gli studi clinici a cui i pazienti possono partecipare, migliorando la "cultura" dello studio e suggerendo nuovi modi di comunicazione tra medici e pazienti. Lo studio, multicentrico, osservazionale e trasversale, si è basato su un sondaggio proposto alle donne con cancro ovarico alla loro prima visita di follow-up o prima sessione di terapia. Le pazienti coinvolte appartengono tutte all'Alleanza contro il cancro ovarico (ACTO).

Paola Mosconi, prima autrice dello studio, ha risposto ad una serie di domande per spiegare meglio l’importanza degli studi clinici e come partecipare.

Perché oggi è ancora difficile venire a conoscenza e partecipare a studi clinici?

Nel corso degli anni gli studi clinici sono diventati un po’ più famigliari. Durante il periodo della pandemia Covid-19, è stato proprio grazie a questi se si è potuta valutare l’efficacia dei vaccini e mettere a punto cure mirate.

In Italia, purtroppo, la alfabetizzazione sanitaria è ancora molto carente: ottenere, elaborare e capire informazioni sanitarie o accedere ai servizi di salute in maniera consapevole è per molti ancora difficile. Così come è difficile avere informazioni sugli studi clinici, sapere dove poterli cercare (ad esempio su questo sito che li raccoglie tutti oppure cercando i registri degli studi messi a punto da molti istituti di ricerca) e pensare di proporsi come partecipanti. Tutto questo è ancora troppo limitato a fasce di popolazione selezionate, in genere le più istruite e di livello socioeconomico più alto.

Quali sono le figure che devono informare il paziente dell’esistenza di uno studio clinico?

Certamente i medici, che sono direttamente coinvolti e sono coloro che più frequentemente informano sull’esistenza di studi clinici. Poi, ci sono anche gli infermieri di ricerca, categoria ancora poco presente nel nostro paese, che possono fornire queste informazioni ai pazienti. A seguire, le stesse associazioni di pazienti, che possono farsi promotori o da tramite con i centri di ricerca per promuovere ricerca di qualità o, ancora, le reti di pazienti – come, ad esempio, succede per le malattie rare.
Infine, va menzionata la stessa rete internet: molti studi e progetti utilizzano il web proprio per far conoscere le attività in corso, dando possibilità di connettersi tra i pazienti stessi. Certamente questa è una strada più difficile e complessa e per la quale servono maggiori competenze e capacità.

Che ruolo hanno le associazioni dei pazienti in questo percorso?

Le associazioni dei pazienti sono molto cambiate negli anni: molte svolgono la funzione di partner di studi clinici, in quella che viene ormai definita ricerca partecipata. Le associazioni possono sedere al tavolo dove viene pensato e disegnato lo studio clinico, collaborando a fare le scelte migliori e favorendo la corretta informazione dei potenziali partecipanti.

Come è possibile acquistare fiducia nella ricerca clinica?

Per aumentare la fiducia di cittadini e pazienti nella ricerca clinica è necessario informarli in modo semplice e diretto, cercando di essere il più trasparenti possibile.

È importante aumentare le conoscenze favorendo iniziative di formazione/informazione fin dalle scuole elementari, a proposito delle quali esistono esperienze sempre più interessanti, affinché vengano create competenze e spirito critico fin da bambini.

Nel processo di informazione i ricercatori hanno una grande responsabilità, perché devono presentare la ricerca clinica senza enfasi, pregiudizi e interessi. Le istituzioni e gli istituti di ricerca, poi, devono dare più spazio al racconto della ricerca clinica, rendendo trasparenti tutti i risultati ottenuti.

Nello specifico di questo studio, perché tra le tante possibilità è stato scelto proprio il tumore ovarico?

Lo studio è stato voluto e sostenuto da una associazione di pazienti, ACTO – Alleanza contro il tumore ovarico. ACTO ha definito il tipo di ricerca a cui era interessata, ha cercato i partner con cui fare la ricerca, cioè l’Istituto Mario Negri, e coinvolto una rete di centri clinici. L’associazione, inoltre, ha partecipato allo sviluppo e alla validazione del questionario utilizzato e ha finanziato con fondi propri la ricerca. Questo è un chiaro esempio di partecipazione attiva.

Ora ACTO sta diffondendo i risultati ottenuti e si impegnerà in altre iniziative per divulgare la cultura della ricerca clinica, aumentarne la fiducia e favorirne la partecipazione.

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