ultimo aggiornamento:
11/4/2023
November 23, 2021

Cellule staminali e trauma cranico: nuovi orizzonti terapeutici

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Il trauma cranico determina un danno al cervello di due tipi:

  • un danno immediato, dovuto alla deformazione del tessuto cerebrale nel momento dell’impatto;
  • un danno progressivo, a causa di un insieme di processi cellulari e cascate biochimiche che si verificano nel cervello tra i minuti e i mesi successivi al trauma.

Cosa succede dopo un trauma cranico?

I processi patologici innescati dal trauma comprendono il rilascio incontrollato di neurotrasmettitori tossici, lo sviluppo di processi infiammatori cronici nel cervello e la morte dei neuroni. Questi processi sono largamente responsabili del quadro neurologico di chi ha subito un trauma cranico: problemi motori, di coscienza, linguaggio, memoria, difficoltà nella gestione dello stress e delle emozioni.

Cosa sono le cellule staminali usate per curare il trauma cranico?

Le cellule staminali sono cellule “immature” che sono in grado di diventare cellule altamente specializzate, o in gergo tecnico “differenziarsi”. L’esempio di cellula staminale per eccellenza è l’embrione, cellula “totipotente” in grado di dare origine a tutti gli organi e i tessuti del nostro corpo.

Anche nell'adulto sono presenti popolazioni di cellule staminali “multipotenti”, caratterizzate da capacità di differenziamento più limitata rispetto alle totipotenti. Queste cellule possono essere ritrovate in molti tessuti e organi come il midollo osseo, il tessuto adiposo, il derma, la polpa dentale, il cordone ombelicale e molti altri. Esse hanno il compito importante di mantenere l’omeostasi del tessuto in cui risiedono, ovvero hanno la capacità di mantenere lo stato di equilibrio di un organo in risposta a perturbazioni esterne. Tale azione viene svolta attraverso il rilascio di molecole specifiche che agiscono sulle cellule circostanti per ottimizzare la loro funzione fisiologica. Inoltre, attraverso i processi di replicazione e differenziamento, le cellule staminali adulte hanno il compito di rinnovare i tessuti (si pensi ad esempio al ricambio giornaliero dei vari strati della pelle o alla continua produzione di cellule del sangue) oppure di rigenerarli a seguito di un danno.

Anche il cervello adulto possiede delle cellule staminali neurali che si attivano a seguito di un trauma per cercare di riparare il danno; tuttavia, la loro capacità riparativa/rigenerativa è ampiamente insufficiente a ripristinare la funzione lesa.

Come agiscono le cellule staminali sul trauma cranico?

Da oltre vent’anni la somministrazione di cellule staminali in seguito a trauma cranico è oggetto di studio nei laboratori di ricerca.

Nel modello animale, il trattamento con le cellule staminali ha ampiamente dimostrato di essere in grado di migliorare le capacità motorie e la memoria, e ridurre il danno al tessuto cerebrale.

Contrariamente a quanto inizialmente ipotizzato, le cellule staminali non si sostituiscono alle cellule nervose danneggiate, ricostruendo il tessuto leso, ma agiscono rilasciando molecole protettive/riparative. Queste ultime consentono al cervello di rimarginarsi riducendo i meccanismi patologici e stimolando i processi riparativi.

Ad esempio, si è osservato che esse sono in grado di:

  • proteggere i neuroni;
  • ridurre l’infiammazione;
  • preservare l’integrità vascolare;
  • aumentare la plasticità cerebrale.

Nel complesso tutti questi meccanismi cooperano nel miglioramento della funzione cerebrale e inducono una conseguente diminuzione della disabilità post-traumatica.

In cosa consiste questo approccio innovativo con le cellule staminali nella cura del trauma cranico?

Il trauma cranico è una patologia complessa che innesca molteplici meccanismi di danno.

Approcci farmacologici mirati a migliorare uno solo di questi eventi patologici non hanno dato risultati terapeutici. Quindi, per curare un cervello che ha subito un trauma bisogna interagire su più aspetti, responsabili della progressione del danno cerebrale. In quest’ottica le cellule staminali rappresentano ad oggi una concreta speranza terapeutica, in quanto sono in grado di agire su più fronti, riducendo i fenomeni tossici e promuovendo aspetti rigenerativi.

Il Laboratorio Trauma Cranico e Neuroprotezione, del Dipartimento di Danno Cerebrale Acuto, è impegnato da anni nello studio delle cellule staminali mesenchimali per il trauma cranico. I ricercatori hanno dimostrato che cellule isolate dal cordone ombelicale, dal midollo osseo o dalla membrana amniotica sono in grado di migliorare gli esiti di un trauma cranico nel modello animale. Un risultato possibile grazie ad un decennio di studi di laboratorio in cui si è capito che le cellule staminali, se trapiantate nel cervello o infuse nel circolo sanguigno, non si integrano nel tessuto cerebrale, a vantaggio della sicurezza dell'intervento. La loro azione terapeutica si esercita, invece, attraverso il rilascio di particolari molecole in grado di stimolare la riparazione e la neuroprotezione del cervello traumatizzato. Queste evidenze sperimentali costituiscono la base di uno studio clinico in pazienti con trauma cranico grave, per verificare la fattibilità e l’efficacia di questa terapia. Il progetto prevede il reclutamento dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive del San Gerardo di Monza, del Policlinico di Milano e del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, con il supporto dell'Università di Milano Bicocca. I pazienti verranno trattati entro 48 ore dal trauma cranico con placebo o con cellule mesenchimali. L'efficacia dell'intervento sarà valutata sia dal punto di vista neurologico, sia dal punto di vista biochimico. Queste ultime analisi, sui biomarcatori, saranno effettuate dai nostri ricercatori. Un'indagine così dettagliata consentirà di accelerare la comprensione della biologia del danno cerebrale in termini di potenziale rigenerativo e di risposta plastica del cervello.

Per eseguire l'infusione o il trapianto non è necessario che le cellule staminali siano “autologhe” ovvero proprie della persona che le riceve. Le cellule mesenchimali infatti sfuggono ai processi di rigetto rendendo possibile il trapianto “allogenico”, dove cioè donatore e ricevente sono individui distinti. Questo aspetto risulta di particolare rilevanza per un utilizzo terapeutico nei pazienti in quanto è possibile isolare le cellule da un donatore sano, espanderle in laboratorio per raggiungere la quantità desiderata e mantenerle congelate in apposite biobanche dedicate, in modo che siano pronte all’uso in caso di necessità.

Francesca Pischiutta e Elisa R. Zanier - Laboratorio Trauma Cranico e Neuroprotezione - Dipartimento di Danno Cerebrale e Cardiovascolare Acuto

Editing Raffaella Gatta - Content Manager

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