ultimo aggiornamento:
January 28, 2020

Il ruolo protettivo di PPIA nella cura della SLA: la ricercatrice Laura Pasetto racconta i risultati della sua ricerca

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AriSLA, Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica è tra i principali enti no profit presenti in Italia e in Europa che sostiene e finanzia la ricerca scientifica sulla SLA. In occasione dei 10 anni dalla sua fondazione, si è tenuto a Milano il convegno scientifico AriSLA, che ha visto la partecipazione dell’eccellenza italiana ed internazionale per la ricerca sulla SLA. “Il congresso – spiega la Dr.ssa Laura Pasetto, giovane ricercatrice classe 1985 – rappresenta un’importante occasione per condividere le conoscenze su questa difficile malattia, con un occhio sempre aperto al futuro della ricerca, ricordando sempre qual è il suo fondamento, i pazienti”.

In che modo il tuo progetto sulla SLA è importante per la ricerca?

“Una delle caratteristiche della SLA è la presenza di proteine che, comportandosi in modo anomalo, si associano tra di loro formando grossi aggregati, tossici per la cellula. PPIA, meglio nota come Ciclofillina A, è un enzima che lavora al fine di evitare queste aggregazioni. Il suo ruolo è, quindi, protettivo nei confronti della cellula. La sua mancanza in un modello animale di SLA, infatti, accelera la progressione della malattia. Inoltre, una relativa diminuzione di PPIA è stata osservata anche in un numero molto ampio di pazienti SLA, candidandolo così a diventare una specie di indicatore in grado di identificare questa malattia. Il motivo per cui ho studiato le funzioni biologiche di questo enzima in modelli animali e cellulari è proprio per comprendere meglio il suo ruolo nella patologia. Ho scoperto che PPIA è presente in molteplici "vesti", dette isoforme, che modificano l’enzima rendendolo più o meno funzionante.Tra queste isoforme, una sembra essere particolarmente importante per aumentare la funzione protettiva di PPIA nella cellula. Alla luce di questo stiamo, quindi, mettendo a punto una terapia volta a aumentare l’isoforma protettiva di PPIA."

Per quale motivo secondo te il tuo progetto è stato premiato?

“Il premio “Miglior Poster” viene conferito di solito ai giovani ricercatori dai membri internazionali dell’Advisory Board della Fondazione sulla base della qualità della ricerca, delle competenze e delle conoscenze” afferma Laura. “Ricevere questo premio mi ha prima di tutto dato la possibilità di presentare la mia ricerca di fronte ad esperti internazionali del settore, ottenendo da loro i complimenti per la passione dimostrata e per il rigore applicato nella ricerca svolta. E poi mi ha anche permesso di affermare ancora una volta l’eccellenza dell’Istituto Mario Negri nella ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica”.

Perchè hai scelto di fare questo lavoro? E cosa ti ha portato all’Istituto Mario Negri?

“Sin da piccola ho sempre manifestato interesse per le materie scientifiche, tanto che all'università ho scelto Biotecnologie con indirizzo farmaco-genomico, presso l’Università Milano-Bicocca. Al momento della scelta del luogo presso cui svolgere il tirocinio di tesi, ho deciso di inviare la mia candidatura all’Istituto Mario Negri. E’ iniziata così la mia avventura nel Dipartimento di Neuroscienze, nel Laboratorio di Biomarcatori Traslazionali della Dr.ssa Valentina Bonetto. Una volta laureata, ho deciso poi di continuare qui il mio percorso di studi, seguendo prima il dottorato di  ricerca in Scienze Farmacologiche e poi la Scuola Avanzata di Farmacologia Applicata (SAFA). Il mio percorso di studi ha subito due speciali interruzioni per l’arrivo delle mie due figlie: Alessandra nel 2010 e Michela nel 2015”.

Che cosa continua ad appassionarti a questo lavoro ogni giorno?

“Vedere la tua ricerca prendere forma anno dopo anno, partendo dalla scoperta di un meccanismo e arrivando ad una possibile strategia terapeutica stimola quotidianamente la mia passione. Testare ogni giorno nuove ipotesi, che nascono anche da risultati negativi sviluppa e mantiene la mia tenacia. Incontrare durante i congressi i pazienti e parlare con loro aumenta in me la consapevolezza dell’importanza di una ricerca di qualità, rigorosa e finalizzata al bene del malato. Certo, le difficoltà e le sfide in questo lavoro non mancano mai, ma rappresentano comunque un’opportunità di arricchimento e stimolo personale” sostiene Laura.

Che cosa rappresenta per te lavorare all’IMN?

“L’Istituto Mario Negri rappresenta un’eccellenza italiana nell’ambito della ricerca scientifica. Avere la possibilità di lavorare in un ambiente dove ricerca di qualità, condivisione, giovani e passione sono le parole guida sono motivi di orgoglio. Lavorare qui mi ha permesso di crescere come ricercatrice grazie alle continue collaborazioni internazionali, ai confronti costruttivi tra i diversi laboratori, agli stimoli ricevuti durante i seminari in Istituto. Lavorare all’IMN rappresenta sicuramente una grossa opportunità di formazione per un giovane ricercatore appassionato".

Raffaella Gatta in collaborazione con Laura Pasetto

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