La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) colpisce il neurone motorio (o motoneurone), cellula del sistema nervoso centrale. Per questo è nota anche come “malattia del motoneurone”. Il nome Sclerosi Laterale Amiotrofica deriva dalla combinazione fra l’evidenza clinica di atrofia muscolare (amiotrofica, appunto) e l’osservazione dell'indurimento di alcune parti (sclerosi laterale) del midollo spinale.
Si tratta di una patologia degenerativa progressiva che comporta la perdita:
Questi eventi portano alla perdita del controllo dei muscoli deputati al movimento e ad altre funzioni.
Circa il 10% dei pazienti con SLA presenta anche sintomi di demenza frontotemporale dovuta alla degenerazione dei neuroni di questa area del cervello.
La malattia spesso inizia con spasmi muscolari e debolezza in un arto o difficoltà ad articolare la parola e progredisce sino a colpire tutti i muscoli necessari per muoversi, parlare, mangiare e respirare.
La SLA è una malattia rara, la sua causa è sconosciuta e in circa il 5-10% dei casi la malattia è ereditaria. Non esiste ancora una cura per prevenire o bloccare questa malattia fatale.
I segni e i sintomi della SLA variano da caso a caso a seconda di quali motoneuroni vengono inizialmente colpiti.
I segni associati alla degenerazione dei motoneuroni superiori sono:
Quelli associati alla perdita dei motoneuroni inferiori sono, invece:
I sintomi che si osservano con la progressione della malattia comprendono:
Generalmente non c'è dolore e le funzioni degli organi di senso, sessuali, vegetative (sfinteriali), che controllano l’equilibrio nonché i movimenti oculari, non sono alterate.
Il paziente rimane, dunque, sempre consapevole del decorso della malattia e continua a svolgere alcune funzioni corporee.
I primi sintomi della SLA possono essere brevi contrazioni muscolari (mioclonie), una certa rigidità muscolare (meglio definita spasticità), debolezza dei muscoli con conseguente alterazione del funzionamento di un braccio o di una gamba, oppure voce indistinta e tono nasale. Questi disturbi generali si traducono poi in forme di debolezza più evidente o atrofia, che possono portare il medico a sospettare una forma di SLA quando l’entità del danno anatomo-patologico è già considerevole (60-70% di motoneuroni).
In base ai muscoli colpiti per primi e ai segni o sintomi correlati, l’esordio della Sclerosi Laterale Amiotrofica è classificato come:
Questa distinzione di carattere clinico, utile per definire la comparsa della malattia, non appare però sempre così netta nell’evoluzione della stessa, in quanto le due forme possono sovrapporsi.
La forma familiare ed alcune forme di Sclerosi Laterale Amiotrofica sporadica sono dovute a mutazioni di geni coinvolti in diversi meccanismi fisiologici alla base della malattia.
Oggi quelli più noti sono:
Ad oggi sono più di 30 i geni che presentano un rischio di associazione alla SLA; tuttavia, esiste una ereditarietà che comprende anche altre varianti geniche in cui la malattia si evidenzia solo con la presenza di più di un gene anomalo.
La terapia genica, mirata a correggere il difetto genetico, è il trattamento d’avanguardia per questa malattia e ha mostrato effetti molto promettenti nei modelli animali. E’ stato recentemente approvato, con procedura accelerata, da FDA negli USA, il tofersen (nome commerciale Qalsody) per il trattamento di pazienti che recano la mutazione nel gene SOD1, forma che riguarda circa il 2% dei casi di SLA.
L’approvazione accelerata si basa sulla riduzione dei livelli nel sangue dei neurofilamenti, molecole spia chiamate biomarcatori di danno neuronale, in grado di prevedere, con ragionevole probabilità, il beneficio clinico. Per confermare l’approvazione del farmaco, la casa farmaceutica dovrà verificarne la reale efficacia in uno studio clinico confirmatorio (ATLAS), ora in corso. Altri approcci di terapia genica per altri geni mutati sono in fase di sperimentazione nei pazienti.
Il test genetico sulle persone a rischio di malattia familiare viene effettuato nei centri SLA multidisciplinari: qui un consulente genetico aiuta il paziente e i suoi familiari a valutare il rischio e a discutere l'impatto, dal momento che ad oggi non esiste una terapia per tutte le forme genetiche.
La diagnosi di SLA si basa su criteri precisi:
Il grado di certezza della diagnosi dipende dal numero di distretti corporei colpiti e dal coinvolgimento di entrambi i motoneuroni. Tra l’esordio dei sintomi e la conferma della diagnosi intercorre un periodo di latenza che varia mediamente dai 10 ai 12 mesi.
Oltre agli esami clinici, come supporto diagnostico vengono utilizzati anche:
Gli esami clinici devono essere ripetuti per lo meno ogni sei mesi per valutare la progressione della malattia.
La SLA è una malattia complessa e progressiva che coinvolge via via diverse funzioni, per cui è necessario l’intervento di diversi specialisti. I centri che si occupano di questa malattia utilizzano un approccio multidisciplinare da parte di:
La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una patologia dell’età adulta e può presentarsi in due forme:
In generale vi è una leggera prevalenza del sesso maschile con un rapporto di circa 1,2-1,5.
La prognosi della SLA nel 50% dei pazienti è di circa 30 mesi dall’esordio dei sintomi. Il 5-10% dei pazienti sopravvive per più di 8 anni, mentre sono rari i casi in cui si ha una sopravvivenza maggiore. Il decesso si verifica spesso per paralisi della muscolatura volontaria respiratoria.
L’incidenza globale è di 1,7 casi per 100.000 persone/anno, con circa 1000 nuovi casi all’anno in Italia.
La prevalenza globale è attualmente stimata attorno ai 200.000-300.000 casi, circa 5000 in Italia.
Tra i fattori di rischio ambientali per la SLA ci sono:
Il ruolo di questi fattori non è del tutto definito e non si esclude che l’insorgenza della malattia sia dovuta all’interazione tra fattori genetici ed ambientali.
La caratteristica patologica della Sclerosi Laterale Amiotrofica è la presenza di ammassi di proteine all'interno dei motoneuroni, noti con il nome di “skein-like” e inclusioni ialine simili a corpi di Lewy. Questi aggregati sono costituiti per lo più:
Per questo la SLA viene anche considerata una proteinopatia, analogamente ad altre due malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.
Lo studio dei meccanismi genetici che causano la SLA è stato possibile anche grazie allo sviluppo di modelli preclinici animali, portatori dei geni responsabili della malattia. Tra essi il topo transgenico portatore del gene umano mutato SOD1G93A è quello più studiato per le caratteristiche fenotipiche e neuropatologiche che mimano meglio di altri alcune condizioni dei pazienti SLA. (Figura 3).
Dallo studio di questi modelli si può affermare che la SLA è una patologia multifattoriale e multicellulare. Oltre ai motoneuroni e l’apparato neuromuscolare, la SLA coinvolge anche altri sistemi, come il sistema immunitario e il microbioma intestinale.
Ad oggi le ipotesi che portano all'insorgenza e alla progressione della SLA sono:
La Sclerosi Laterale Amiotrofica è ancora oggi purtroppo una malattia incurabile, in quanto nessun trattamento esistente permette al paziente di guarire.
A fronte della mancanza al momento di una terapia risolutiva, la ricerca scientifica guarda al futuro con approcci innovativi mirati ad una medicina personalizzata, dal momento che non tutti i pazienti sono uguali. Per questo l'identificazione di nuovi biomarcatori e lo sviluppo di terapie geniche (vedi approvazione ditofersen negli USA per i pazienti con la mutazione nel gene SOD1) sono ambiti di ricerca in cui c’è grande fermento. Durante questa attesa è fondamentale valorizzare ciò che l'avanzamento tecnologico e le cure palliative sono in grado di fornire per l'attenuazione dei sintomi e per il miglioramento della qualità di vita del paziente.
Sebbene siano stati studiati numerosi farmaci con diversi meccanismi d’azione, solo tre farmaci ad oggi hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica, ossia il Riluzolo e l’Edaravone e l’AMX0035 (la combinazione di fenilbutirrato sodico e taurursodiolo).
Riluzolo (Rilutek®) è stato il primo farmaco approvato per la SLA dalla Food and Drug Administration (FDA) negli USA nel 1995, e dall’European Medicine Agency (EMA) l’anno successivo. E’ un antagonista del glutammato il cui meccanismo d’azione non è stato ancora completamente chiarito. Il suo utilizzo permette di posticipare il ricorso alla ventilazione assistita o di prolungare la sopravvivenza mediamente di 3 mesi. La terapia è risultata più efficace se il farmaco viene somministrato a pazienti giovani nel primo stadio della malattia, mentre non ha mostrato efficacia negli stadi più avanzati. Inoltre, non ha mostrato un reale effetto sulla forza muscolare e sui sintomi motori.
Edaravone (Radicava®) approvato dall’FDA nel 2017, è disponibile come soluzione per infusione venosa. Il farmaco ha una potente attività di scovare ed eliminare i radicali liberi. E’ stato dimostrato che l’Edaravone è in grado di rallentare l’aggravamento della malattia in una sottopopolazione di pazienti che riesce ancora a svolgere le normali attività (determina EMA/293450/2019).
AMX0035 è un farmaco orale approvato per la SLA negli Stati Uniti nel 2022 come RELYVRIO™ e in maniera condizionale in Canada come ALBRIOZA™. A luglio 2023, l’EMA ha espresso un parere negativo nei confronti del farmaco in quanto ritiene che lo studio clinico di fase II CENTAUR, da cui sono tratti i dati per la richiesta di autorizzazione, non dimostri in maniera convincente la capacità di rallentare la progressione della malattia. L’azienda ha richiesto una procedura di riesame, al termine della quale EMA esprimerà un parere finale su AMX0035. Nel frattempo, lo studio di fase III PHOENIX, i cui risultati sono previsti per la metà del 2024, forniranno ulteriori dati sull’efficacia e sicurezza del farmaco.
Nonostante sino ad oggi siano stati valutati circa altri 60 trattamenti inclusi quelli non-farmacologici (ad esempio, le cellule staminali), nessuno è risultato efficace nel rallentare la Sclerosi Laterale Amiotrofica.
In assenza di trattamenti efficaci, le terapie sintomatiche e di supporto rimangono la base per la gestione dei pazienti con SLA, e sono:
Molte di queste terapie sintomatiche sono associate ad un chiaro aumento della sopravvivenza, mentre altre alleviano solo in parte i sintomi, portando solo ad un miglioramento della qualità della vita del paziente. È importante notare che la maggior parte delle terapie sintomatiche non è stata testata in studi randomizzati controllati, e si basa dunque sull’esperienza derivante dalla gestione di altre malattie.
La SLA è dunque una malattia molto complessa che coinvolge non solo i neuroni ma anche i nervi e i muscoli. Per intervenire in modo efficace sulla sua progressione è necessario agire a vari livelli.
La ricerca preclinica è condotta nel Dipartimento di Neuroscienze, presso il Laboratorio di Neurobiologia e Terapia Preclinica, coordinato dalla Dr.ssa Caterina Bendotti, e presso il Laboratorio di Biomarcatori Traslazionali , coordinato dalla Dr.ssa Valentina Bonetto. La ricerca clinica epidemiologica e sperimentale è effettuata presso il Laboratorio di Malattie Neurologiche, in collaborazione con la Dr.ssa Elisabetta Pupillo.
E' da poco stato istituito un Centro di Ricerca per la SLA che va dalla ricerca di base preclinica ad approcci traslazionali ed epidemiologici sino al disegno e all'organizzazione di sperimentazioni cliniche. Sebbene l’Istituto non disponga di posti letto per il ricovero dei malati, il gruppo di studio, guidato dalla Dr.ssa Valentina Bonetto, può contare su una vasta collaborazione con diversi centri neurologici in Italia, e non solo, per eseguire studi traslazionali, epidemiologici e per la sperimentazione di nuovi trattamenti.
In un studio clinico, frutto della collaborazione tra i diversi gruppi del CentroSLA, è stato osservato un modesto ma significativo rallentamento della disfunzione respiratoria con RNS60, un composto ad azione antinfiammatoria risultato attivo in studi preclinici. Tuttavia non avendo osservato nessun effetto sui biomarcatori, obiettivo primario dello studio, non è stato possibile confermare il meccanismo d'azione molecolare nei pazienti.
I ricercatori che studiano la SLA al Mario Negri hanno scoperto che la somministrazione di cellule staminali nel cervello di topi affetti da questa malattia, protegge il motoneurone anche se non ne migliora la progressione.
Dagli studi svolti sulla SLA in istituto si è capito che i farmaci in grado di rallentare la malattia sono quelli che proteggono i motoneuroni e modulano la risposta immunitaria nei nervi e nei muscoli, stimolando la loro rigenerazione. I recettori P2X7 a livello muscolare sono tra i bersagli più promettenti individuati recentemente nei modelli sperimentali di malattia. Per questo motivo, sono in corso studi su un nuovo farmaco che agisce su questi recettori. Se si dimostrerà efficace in preclinica, potrebbe essere utilizzato velocemente negli studi clinici perché privo di tossicità nell’uomo.
Inoltre, sempre nei muscoli e nei nervi dei modelli sperimentali sono stati individuati alcuni fattori responsabili della diversa progressione della malattia, indici della malattia lenta o veloce. Questi fattori sembrano essere utili per la stratificazione dei pazienti negli studi clinici. Per questo motivo, sono oggetto di analisi di validazione per capire se possono essere considerati possibili nuovi bersagli terapeutici e anche biomarcatori.
I biomarcatori sono spie di malattia, attraverso i quali è possibile identificare sottopopolazioni di pazienti da trattare con la medicina di precisione e nuovi bersagli terapeutici come nel caso dell’enzima Ciclofillina A (PPIA). Studi svolti in Istituto hanno dimostrato che l’enzima, deficitario nei pazienti affetti da SLA, è fondamentale per il corretto funzionamento di TDP-43 ed ha un effetto neuroprotettivo. La stragrande maggioranza di questi pazienti, infatti, presenta anomalie nella proteina TDP-43, che ha un ruolo importante nei processi cellulari e, se mutata, causa la SLA. Sono ora in corso studi preclinici che mirano ad aumentare il livello di questo enzima attraverso approcci farmacologici e di terapia genica.
L’associazione italiana per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLA) è l’associazione di malati più diffusa sul territorio italiano, a cui afferiscono anche altre associazioni.
La tutela, l’assistenza e la cura dei malati di SLA oltre che la divulgazione di informazioni su questa malattia sono la principale missione di AISLA.
Inoltre esiste la Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA), un'associazione specifica che ha come scopo primario il finanziamento di progetti di ricerca sulla SLA.
Immagini concesse dall'associazione AriSLA.
Caterina Bendotti- Laboratorio di Neurobiologia e Terapia Preclinica - Dipartimento di Neuroscienze
Valentina Bonetto- Laboratorio di Biomarcatori Traslazionali - Dipartimento di Neuroscienze
Editing Raffaella Gatta - Content Manager