La febbre del Nilo Occidentale (o febbre West Nile) è una malattia infettiva virale causata dal virus West Nile, trasmesso dalle punture di zanzara. Come riconoscerla, dove è più diffusa, quando diventa pericolosa o mortale.
La prima vittima italiana di Febbre del Nilo del 2025 è stato un 80enne ricoverato a Moncalieri, in Piemonte. Successivamente, a luglio, il virus West Nile ha colpito in modo fatale una donna di 82 anni residente a Nerola, un comune in provincia di Roma. Sono seguite altre due vittime: un 80enne originario di Maddaloni, ricoverato a Caserta e un 77enne deceduto allo Spallanzani di Roma. Ad oggi, 27 agosto, i decessi salgono a 22. Al triste conteggio si è aggiunto un uomo di 87 anni residente a Velletri, deceduto nella notte tra il 13 e il 14 agosto 2025 presso l'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, decima vittima del Lazio.
Ed è proprio nel Lazio che si sono registrati 59 sugli 351 casi certificati finora in Italia dall'Istituto Superiore di Sanità di infezione da West Nile Virus di quest'anno, la maggior parte nella provincia di Latina. Il picco dei casi di West Nile Virus in Italia è previsto per la fine di agosto e settembre 2025, favorito da condizioni climatiche favorevoli come piogge intense seguite da ondate di calore che aumentano la proliferazione delle zanzare. A metà agosto, l'Italia era il paese europeo più colpito, con centinaia di casi di infezione umana e decine di decessi. In tutta Italia si stima che le infezioni siano almeno 10mila, la maggior parte in forma asintomatica.
Il rischio di contrarre malattie causate dalle punture delle zanzare, come malaria, Dengue, Chikungunya, Zika Virus e, appunto, la febbre West Nile, è in aumento. In Italia così come in Europa.
Gli esperti temono che il cambiamento climatico possa aumentare la diffusione di questa malattia in luoghi meno comuni, o portarla in nuovi luoghi. Più le temperature aumentano, meglio le zanzare si riproducono in aree un tempo inospitali, più rapida diventa la propagazione del virus. Al fattore climatico si aggiungono i movimenti umani – tramite viaggi internazionali – e quelli dei volatili: gli spostamenti stagionali degli uccelli migratori giocano difatti un ruolo determinante nella diffusione dei virus West Nile.
Non c’è da allarmarsi: nella maggior parte dei casi il West Nile Virus ha sintomi leggeri e non richiede trattamenti particolari. Tuttavia, in circa 1 caso su 150, può portare a gravi infezioni del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) e delle membrane che lo rivestono (meningi).
La febbre West Nile (o Febbre del Nilo Occidentale) è una malattia infettiva provocata dal West Nile Virus (Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae – la stessa della Dengue e della febbre gialla. Il virus non si trasmette da uomo ad uomo ma tramite la puntura di zanzare infette della specie Culex pipiens, ovvero la comune zanzara notturna.
Altri modi in cui il virus può diffondersi tra esseri umani sono:
La malattia viene trasmessa all’uomo dalle zanzare, ma il serbatoio originale del patogeno sono gli uccelli, in particolar modo i passeriformi. Accade che le zanzare diventino portatrici del virus pungendo uccelli infetti. Le zanzare infette, a loro volta, possono poi infettare sia esseri umani che animali, soprattutto i cavalli. In alcuni casi anche cani, gatti, conigli. Il virus è stato identificato anche in alcuni rettili, tra cui alligatori e coccodrilli.
Il virus West Nile si contrae più comunemente nei climi più caldi, soprattutto nelle regioni subtropicali o temperate del pianeta, dove le alte temperature favoriscono la riproduzione delle zanzare che lo veicolano. È presente in molti Paesi del mondo, in particolare in Africa, Medio Oriente, Europa, Australia e Nord America. È la causa principale di malattie trasmesse dalle zanzare negli Stati Uniti, con casi segnalati in 49 stati.
In Europa, negli ultimi decenni, più di 20 paesi hanno segnalato focolai o infezioni sporadiche con il virus West Nile. Secondo l'ultima relazione dell'EFSA sulle zoonosi, il 2022 è stato l'anno con il secondo maggior numero di casi di infezioni da virus del Nilo Occidentale mai registrato nell'UE (1133 casi, 723 solo in Italia), mentre il 2018 è stato sinora l'anno con il numero più alto in assoluto (1612 casi) e 92 decessi di infezione da virus del Nilo. In Italia ci sono state segnalazioni di focolai dal 1998.
L'infezione da virus WNV è asintomatica in circa l'80% delle persone infette. Circa il 20% dei contagiati presentano disturbi simil-influenzali lievi, come febbre, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari, nausea e vomito. Occasionalmente si possono verificare un’eruzione cutanea e ingrossamento delle ghiandole linfatiche. La febbre del Nilo viene diagnosticata ricercando gli anticorpi specifici, quali le Immunoglobuline M (IgM) e IgG, nel sangue dei soggetti con sospetta infezione attraverso specifici test sierologici.
Il periodo di incubazione del virus è solitamente compreso tra 3 e 14 giorni, arriva fino a 21 giorni per i pazienti immunosoppressi o fragili. I sintomi, invece, durano generalmente pochi giorni e si risolvono in modo autonomo. La maggior parte delle persone guarite dal virus West Nile raggiunge un'immunità che può durare a vita o comunque presenta un rischio minimo di contrarre nuovamente la malattia.
In meno dell’1% delle persone infette - 1 persona su 150 - il virus può causare una malattia grave (chiamata anche malattia neuroinvasiva, come l'encefalite o la meningite o la poliomielite). I sintomi delle forme più severe comprendono:
La malattia grave può verificarsi in persone di qualsiasi età, tuttavia il rischio è più elevato per gli over 50 anni, gli immunodepressi (ad esempio, i pazienti che sono stati sottoposti a trapianto), e persone che soffrono di cancro, diabete, ipertensione, malattie renali.
Nei casi più gravi con coinvolgimento del sistema nervoso centrale (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale (come accaduto di recente alla paziente di Pordenone).
Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Gli antibiotici non curano la malattia che è di origine virale e non batterica. Riposo, liquidi e antidolorifici da banco possono alleviare i sintomi. Nei casi gravi, i pazienti vengono ricoverati in ospedale per ricevere un trattamento di supporto, come liquidi per via endovenosa, antidolorifici e assistenza infermieristica.
Non esiste un vaccino per la febbre del Nilo occidentale. L’unica difesa che possiamo mettere in atto per ora è la prevenzione.
L’ Istituto Superiore di Sanità (ISS) consiglia di proteggersi dalle punture:
Sul sito dell’ISS è possibile consultare un bollettino epidemiologico costantemente aggiornato sulla West Nile utile a capire dove è più diffuso il virus e quanti sono i casi di contagio nell’uomo.
Marianna Monte | Giornalista
con la consulenza di Luca Perico | Laboratorio Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa