Alessandro Magno, Giulio Cesare, Giovanna D'arco, Napoleone Bonaparte, Van Gogh. Questi sono solo alcuni dei nomi di personaggi storici che soffrivano di questa patologia. Eppure nulla li ha fermati dal fare "la loro storia". Ma cos'è quindi l'epilessia?
In questo articolo cerchiamo di spiegare a fondo una patologia molto diffusa ma che, da sempre, spaventa un po'.
L'epilessia è una malattia neurologica cronica caratterizzata da una persistente predisposizione del cervello a generare crisi epilettiche.
Quasi il 10% delle persone può avere esperienza di una crisi durante la vita ma se manca una causa o se il fenomeno non ricorre nel tempo non si tratta di epilessia.
Una crisi epilettica è il sintomo peculiare della malattia. Essa consiste in un cambiamento transitorio del comportamento dovuto ad una scarica elettrica anomala e incontrollata di gruppi di neuroni, le cellule nervose che risiedono nel cervello. Questa scarica elettrica interrompe transitoriamente la normale funzione cerebrale, al punto da provocare le tipiche alterazioni dello stato di coscienza, movimenti involontari o talora convulsioni.
Non tutte le crisi sono un sintomo di epilessia.
Più frequenti delle crisi epilettiche sono le sincopi, cioè crisi caratterizzate da perdita di coscienza per un calo della pressione arteriosa o per un difetto della funzione cardiaca. Meno frequenti, ma non trascurabili, sono le cosiddette crisi psicogene, che sono manifestazioni del tutto simili alle crisi epilettiche ma senza il corrispettivo della scarica elettrica cerebrale. Questi fenomeni sono l’espressione di un disturbo mentale e possono essere controllati solo con l’intervento dello psichiatra. Le stesse crisi epilettiche possono essere la conseguenza di un danno neurologico acuto che, opportunamente trattato, non si accompagna a ricorrenze di crisi.
La sindrome epilettica da infezione febbrile (FIRES) è una rara forma di epilessia, potenzialmente fatale. Generalmente si manifesta alcuni giorni o settimane dopo uno stato febbrile non specifico in bambini e adolescenti sani. La causa della comparsa delle convulsioni è ancora sconosciuta.
Questa sindrome è caratterizzata da una prima fase che inizia con un'attività di stato epilettico farmacoresistente che può durare anche mesi, seguita da una seconda fase di epilessia cronica, caratterizzata da crisi spontanee refrattarie ai farmaci disponibili. Purtroppo, la sindrome provoca nel bambino anche vari gradi di disabilità nello sviluppo.
Ad oggi purtroppo non esistono trattamenti efficaci per la FIRES, in quanto anche i farmaci anticrisi spesso non sono efficaci.
Il Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche è particolarmente impegnato nello sviluppo di nuovi farmaci antiinfiammatori capaci di controllare le crisi epilettiche farmacoresistenti o prevenirne l’insorgenza. Due farmaci sono stati utilizzati con successo per uso compassionevole in condizioni catastrofiche di epilessia in bambini e in giovani adulti con crisi focali:
Questi farmaci potrebbero essere utili anche per altre condizioni cliniche associate a crisi farmacoresistenti, in particolare per epilessie acquisite dove è stata dimostrata la presenza di una componente infiammatoria che potrebbe contribuire alla malattia.
Le crisi possono originare da tutte le aree cerebrali. La sede di origine può essere individuata attraverso un'accurata descrizione dei contenuti della crisi e, in circa la metà dei casi, dall’esito dell’elettroencefalogramma e della risonanza magnetica cerebrale.
In particolare le crisi possono originare:
Le cause dell’epilessia sono ancora sconosciute in circa la metà dei casi.
Generalmente la classificazione delle epilessie si basa sulle cause e sul tipo di crisi epilettiche, in questo modo:
La diversa tipologia di crisi permette di differenziare il tipo di epilessia in:
Si stima che nel mondo vivano 50 milioni di persone con epilessia attiva, cioè con crisi recenti o in trattamento. Il numero totale di casi di epilessia è tuttavia superiore (fino a 65 milioni) se consideriamo coloro che sono liberi da crisi da lungo tempo.
In Italia, sono affette da epilessia circa 500.000 persone, con una quota significativa refrattaria ai trattamenti disponibili (dal 15% al 37% a seconda dei campioni esaminati).
I nuovi casi di epilessia registrati ogni anno in Italia sono circa 30.000. L’incidenza risulta più alta nel primo anno di vita, decresce durante l’adolescenza, rimane relativamente bassa nell’età adulta ed aumenta nuovamente nell’età avanzata (dopo i 75 anni). La malattia è lievemente più frequente negli uomini per il prevalere di alcune cause (ad esempio i traumi cranici).
Le persone che soffrono di epilessia possono condurre una vita piuttosto normale. Per quanto riguarda la sfera lavorativa, ad esempio, è possibile esercitare la maggior parte delle professioni, purché il paziente sia in possesso dei giusti requisiti e della necessaria esperienza. L'adattabilità di un lavoro a questa patologia normalmente segue linee guida, redatte proprio per assicurare che non venga imposta nessuna ingiusta restrizione.
Nella scelta della professione bisogna tener conto di alcuni particolari: ad esempio, il 15% dei pazienti è più sensibile agli stimoli luminosi, quindi dovrebbe evitare lavori che prevedono luci intermittenti e tante ore da trascorrere davanti ad uno schermo.
In generale è consigliabile, quindi, fare scelte e adottare comportamenti che non permettano lo scatenarsi di crisi.
Per guidare, invece, è necessario che il paziente sia in possesso di un certificato rilasciato da un neurologo. Questo documento dovrà attestare che il paziente non ha avuto episodi di crisi epilettiche da almeno un anno, a prescindere dal trattamento farmacologico.
Nella maggior parte dei casi l’epilessia si manifesta in persone del tutto normali ed è compatibile con una vita senza particolari restrizioni. In alcuni casi però la malattia si associa ad altri disturbi neurologici con conseguenze negative sulla qualità di vita della persona affetta.
Nei bambini con epilessia possono essere presenti disturbi dell’apprendimento e del comportamento; negli adulti la malattia può associarsi a disturbi di ansia o depressivi e, in misura minore, ad altri disturbi psichici.
Non è ancora chiaro se le manifestazioni psichiatriche siano una conseguenza delle crisi o si sviluppino attraverso meccanismi indipendenti; alcuni disturbi psichici possono infatti precedere la comparsa delle prime crisi epilettiche ed addirittura rappresentare dei fattori di rischio per le stesse.
Si può morire di crisi epilettiche?
Di epilessia generalmente non si muore.
La malattia può essere letale solo:
Non possiamo essere assolutamente certi che di epilessia si guarisca in quanto mancano studi clinici controllati che possano dare una risposta inequivocabile.
E’ però dimostrato che circa la metà delle persone affette presenta un completo controllo delle crisi per parecchi anni e che il 70% di coloro che hanno un prolungato controllo delle crisi non presenta ricadute alla sospensione del trattamento.
Esistono poi forme di epilessie cosiddette benigne, di solito della prima infanzia, che hanno una remissione spontanea.
Il neurologo e il neuropsichiatra infantile (nei soggetti in età pediatrica) sono le figure professionali che si occupano della gestione dell’epilessia.
Tuttavia, va sottolineato che la difficoltà di riconoscimento delle crisi e la scelta del farmaco appropriato implicano un'approfondita conoscenza della malattia e del suo trattamento. A questo proposito, sono disponibili gli epilettologi, cioè specialisti che si occupano elettivamente di epilessia e operano in centri dedicati (i cosiddetti centri per l’epilessia) che sono disseminati sul territorio nazionale. Queste figure professionali dovrebbero essere consultate per un corretto inquadramento diagnostico, per l’impostazione del trattamento e per la gestione successiva dei casi che non rispondono ai farmaci disponibili.
La diagnosi di epilessia si effettua ricorrendo ad una approfondita anamnesi (per il corretto riconoscimento delle crisi) e ad una serie di test clinici, di laboratorio e strumentali. Gli esami da eseguire sono:
Confermata la diagnosi ed impostato il trattamento, il paziente dovrà sottoporsi a visite di controllo ad una frequenza che dipenderà dal grado di controllo delle crisi. Nei soggetti liberi da crisi le visite possono essere effettuate a cadenze semestrali o anche annuali. In tutti gli altri casi, gli intervalli tra le visite dovranno essere più brevi e saranno a discrezione del neurologo (o del neuropsichiatra infantile) sulla base delle problematiche individuali. Nel corso della visita, lo specialista annota eventuali ricorrenze di crisi e decide se apportare modifiche allo schema terapeutico.
La terapia dell'epilessia mira a prevenire la ricorrenza di crisi, minimizzando al tempo stesso eventuali effetti indesiderati che, anche più delle crisi, possono incidere negativamente sulla qualità di vita del paziente.
Circa il 50% dei pazienti presenta un completo controllo delle crisi già dopo il primo farmaco, un ulteriore 13% risulta controllato dall’introduzione di un secondo farmaco, e percentuali molto inferiori rispondono ad altri farmaci introdotti successivamente.
Circa il 30% dei pazienti, tuttavia, presenta crisi non controllabili dai farmaci disponibili, indipendentemente dal loro uso in monoterapia o in varie combinazioni di farmaci. In questo caso, quindi, si parla di farmacoresistenza, e cioè quando esiste una mancata risposta ad almeno due farmaci ben tollerati ed appropriatamente scelti e dosati. Una farmacoresistenza è più frequente in certe forme di epilessia o in presenza di una causa identificata delle crisi.
I farmaci usati per il trattamento delle crisi sono oggi chiamati farmaci anti-crisi (in precedenza anti-epilettici), poiché tendono a prevenire le crisi senza avere alcun effetto sui meccanismi e sulla durata della malattia. I farmaci introdotti dal 1990 hanno alcuni vantaggi rispetto a quelli di prima generazione per quanto riguarda gli aspetti farmacocinetici (assorbimento, concentrazione plasmatica, metabolismo ed eliminazione), alle interazioni con altri farmaci e, per alcuni aspetti, alla tollerabilità.
I farmaci anti-crisi hanno diversi meccanismi d'azione che si basano prevalentemente sulla modulazione della funzione dei neuroni, come ad esempio i canali ionici che regolano la loro eccitabilità.
Il trattamento delle crisi deve essere personalizzato, considerando diversi aspetti come ad esempio:
Il Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche è da anni impegnato nello studio dell'epilessia, sia in ambito sperimentale che clinico.
Nell'ambito dello studio della fisiopatologia dell'epilessia, i ricercatori seguiti dalla Dr.ssa Annamaria Vezzani, utilizzano modelli preclinici che riflettono alcune caratteristiche salienti della condizione umana sia acquisita che su base genetica. L'utilizzo dei modelli sperimentali permette non solo di studiare quali meccanismi patologici sono alla base delle crisi epilettiche ma anche di indagare i meccanismi che portano alla comparsa e alla progressione della malattia (in gergo epilettogenesi), dopo un danno cerebrale acuto o a causa di una mutazione genetica. In questi ultimi 20 anni di ricerca, ad esempio, si è individuato un meccanismo di epilettogenesi chiamato neuroinfiammazione che contribuisce alla comparsa e alla ricorrenza delle crisi in diversi modelli sperimentali di epilessia acquisita.
Un altro ambito di ricerca preclinica è lo studio della frequenza, della prognosi e della risposta dell’epilessia ai farmaci disponibili. Il Laboratorio di Malattie Neurologiche è stato tra i primi a dimostrare che, contrariamente a quanto si affermava in passato, l’epilessia ha una prognosi favorevole (documentata dal completo controllo delle crisi) se un trattamento appropriato è introdotto precocemente dopo la diagnosi. La comunità scientifica, infatti, ha sempre suggerito di trattare i pazienti con epilessia già al momento della prima crisi. Uno studio coordinato dal Mario Negri ha però dimostrato per primo che il trattamento della prima crisi epilettica può sì rallentare l’insorgenza di una seconda crisi, ma non modifica sostanzialmente la prognosi a lungo termine. Queste osservazioni hanno, quindi, indotto i ricercatori ad occuparsi proprio di questo aspetto in popolazioni ben definite osservate per periodi di tempo molto lunghi (in alcuni casi per diversi decenni). I risultati dello studio sostengono l’ipotesi che la farmacoresistenza è un fenomeno dinamico, con tendenza a manifestarsi in epoche diverse nel corso della malattia e, in alcuni casi, a scomparire anche in presenza di gravi forme di epilessia.
Sempre in ambito preclinico, sono state individuate "molecole spia", o biomarcatori, in grado di predire il rischio di sviluppare epilessia o la risposta ai trattamenti, con maggiore sensibilità degli attuali indicatori clinici, utilizzando tecniche di risonanza magnetica nucleare ed identificando delle molecole infiammatorie nel sangue. Parte di questi biomarcatori hanno avuto una prima convalida anche in campo clinico. I ricercatori del Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche stanno anche studiando:
Un recente lavoro dei ricercatori del Mario Negri pubblicato su Neurobiol Dis (NBD, Riva et al) dimostra che ci sono modificazioni di struttura dell'intestino tenue (il tratto deputato all'assorbimento dei nutrienti) associate ad una disbiosi intestinale (caratterizzata con l'analisi del genoma batterico intestinale) che differenziano i ratti che sviluppano l'epilessia da quelli che non la sviluppano dopo un danno cerebrale acuto. Questo danno è localizzato nel cervello e causato da uno stato epilettico indotto con un chemoconvulsivante. Poiché il danno è localizzato specificamente nel cervello (non è sistemico) si evince che il cervello ha comunicato con l'intestino causando modificazioni che sottendono ad una disfunzione intestinale.
L'ipotesi è che tale disfunzione intestinale possa contribuire allo sviluppo della malattia.
In un altro lavoro sulla rifaximina pubblicato su BBI (Kebede et al) si vede che un antibiotico in uso medico per la diarrea del viaggiatore e che agisce specificamente sull'intestino può ridurre la durata delle crisi epilettiche e mediare effetti neuroprotettivi su specifiche popolazioni di neuroni ippocampali. Tale antibiotico risolve alcune delle modificazioni intestinali che si sviluppano durante l'epilessia e modifica la flora batterica intestinale.
Il cervello, quindi, sembrerebbe parlare all'intestino durante lo sviluppo dell'epilessia, ragion per cui a un danno cerebrale si associa una disfunzione intestinale. Se correggiamo la disfunzione intestinale possiamo migliorare le crisi epilettiche e promuovere neuroprotezione. Quindi l'intestino può rappresentare un nuovo target per lo sviluppo di biomarcatori della malattia e di farmaci che possono avere effetti terapeutici.
In ambito clinico, i ricercatori si sono occupati anche di crisi non epilettiche di natura psicogena, affrontando un problema di grande rilevanza per i pazienti e per la comunità. Le persone che ne soffrono sono infatti spesso diagnosticati solo dopo molti anni di sofferenze perché erroneamente considerati affetti da epilessia (e trattati come tali senza alcun beneficio). Compito dei ricercatori è di lavorare in primis ad uno strumento per la diagnosi, che consenta un più precoce riconoscimento di questi pazienti. E poi di concentrarsi sulla scelta tempestiva di un trattamento appropriato.
Inoltre, i ricercatori del Laboratorio di Malattie Neurologiche sono stati coinvolti in una attiva collaborazione internazionale per lo studio dell’impatto dell’epilessia sulla salute pubblica, espresso in termini di anni di vita persi per mortalità prematura o per disabilità indotta dalle crisi. Dai risultati di questo studio collaborativo emerge che tra tutte le malattie neurologiche nel mondo l’epilessia è una delle fonti principali di danno per la salute pubblica, non solo nei Paesi a basso reddito ma anche in Europa e, in particolare, nel nostro Paese.
La Lega Italiana contro l'Epilessia (LICE) è una società scientifica italiana senza scopo di lucro la cui missione è contribuire al miglioramento di:
Queste attività sono svolte da professioni sanitarie comprese in un’area specifica delle Neuroscienze e comunemente riassunte nel termine di utilizzo internazionale “Epilettologia”, nonché al superamento dello stigma sociale associato a tale patologia, promuovendo e attuando ogni utile iniziativa per il conseguimento di tali finalità. Costituitasi una prima volta a Milano nel 1955, la LICE è stata fondata legalmente nel 1973.
Esiste poi CURE Epilepsy, un’associazione internazionale, fondata da un gruppo di genitori di figli affetti da epilessia, che finanzia da anni progetti di ricerca su questa malattia. La ricerca della Dr.ssa Teresa Ravizza, del Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche, ha ricevuto nel 2011 il Taking Flight Award sul progetto che ha chiarito il ruolo di specifiche cellule cerebrali, chiamate astrociti, nella epilessia acquisita.
In Italia esistono due principali associazioni laiche che hanno lo scopo di offrire ai pazienti e alle loro famiglie informazione e supporto, guidandoli nella ricerca di migliori trattamenti e cure e aiutandoli a combattere una condizione caratterizzata tuttora da uno stigma sociale ancora molto forte. Entrambe le associazioni lavorano per consentire alle persone affette da epilessia di vivere una vita piena ed inserita nella società.
L'Associazione Italiana contro l'epilessia (AICE) è nata nel 1974 a Milano e nel 1989, grazie all'unione di preesistenti realtà locali, ha assunto valenza nazionale associandosi all’International Bureau for Epilepsy, il consorzio internazionale delle associazioni laiche non professionali. L'AICE è attualmente presente in 14 regioni con 37 sedi territoriali e sostiene la ricerca preclinica sulla farmacoresistenza attraverso l'istituzione della Fondazione Italiana per la Ricerca sull'Epilessia (FIRE) per un congiunto sostegno agli istituti di ricerca italiani d'eccellenza. In particolare, AICE-FIRE ha dato un sostegno annuale dal 2007 alle ricerche sulla epilessia condotte nel laboratorio di Neurologia Sperimentale del Dipartimento di Neuroscienze, con l'ultimo progetto finanziato nel 2021 sull'impatto della microbiota sullo sviluppo della epilessia sintomatica. Questi contribuiti ci hanno permesso di istituire una borsa di studio annuale per la formazione di giovani che si dedicano alla ricerca sulla epilessia.
Nel 2021 AICE-FIRE ha supportato la ricerca della ricercatrice Teresa Ravizza, Laboratorio di Neurologia Sperimentale. Il progetto è intitolato "Structural, molecular and functional characterization of the gut-brain axis in a mouse model of acquired epilepsy: an opportunity for new therapeutic strategies".
La Federazione Italiana Epilessie (FIE), fondata dalle Associazioni Epilessia Lombardia Onlus e Associazione Piemontese contro l’Epilessia, comprende 19 associazioni dislocate in 10 regioni italiane e si occupa dal 2006 di tutela e patrocinio delle persone con epilessia. La FIE ha avviato un progetto che ha l’obiettivo di effettuare la diagnosi molecolare di 150 bambini affetti da forme gravi di epilessia selezionando centri clinici sul territorio nazionale.
I principali obiettivi delle associazioni sono:
Esistono anche associazioni laiche che devolvono le loro energie per sostenere, informare e promuovere la ricerca sperimentale e clinica per forme specifiche di epilessia, come esemplificato dalla Associazione RING14 Italia Onlus.
Annamaria Vezzani - Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche - Dipartimento di Danno cerebrale acuto
Editing Raffaella Gatta - Content manager