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Le malattie da prioni, note anche come encefalopatie spongiformi trasmissibili, sono malattie degenerative del sistema nervoso centrale che colpiscono l’uomo e altri mammiferi.
Come spiega il nome, la causa di queste patologie sono appunto i prioni, cioè forme alterate della proteina prionica (PrP) che è normalmente presente in vari organi del nostro corpo, in particolare nel cervello.
Nella patologia la PrP cambia la propria forma, diventando appunto un prione, cioè una proteina infettiva in grado di indurre la PrP normale ad assumere la forma patologica.
Le malattie da prioni possono manifestarsi in qualsiasi individuo e sono classificate in:
I prioni si possono formare in tutti gli organi dove la PrP è presente, ma causano danni soprattutto al cervello, forse perché è il tessuto con maggiori quantità di PrP, dove quindi si replicano di più, o forse perché le cellule nervose sono particolarmente vulnerabili ai loro effetti tossici.
L’accumulo di prioni nelle cellule del cervello crea delle piccolissime bolle (vacuoli) che portano alla formazione di forellini microscopici che rendono il tessuto cerebrale simile a una spugna (da qui il termine encefalopatie spongiformi).
Si tratta di malattie molto rare (l’incidenza è 1-2 casi per milione di persone all’anno) con una latenza (cioè il tempo che intercorre tra la comparsa dei prioni all’interno dell’organismo e le manifestazioni cliniche) molto lunga. Dopo la comparsa dei primi sintomi, la malattia evolve rapidamente.
Non esiste una cura e l’esito è infausto.
Le malattie da prioni sporadiche si suddividono in:
Non è ancora stato chiarito come si formi il prione in queste malattie: l’ipotesi più accreditata è che la PrP acquisisca la forma patologica in modo spontaneo o a causa di mutazioni somatiche, cioè di errori nel codice genetico che contiene le istruzioni per produrla a livello cerebrale.
Le malattie da prioni familiari sono:
e alcune forme estremamente rare, quali l’angiopatia amiloide cerebrale da PrP e l’amiloidosi sistemica da PrP.
Sono dovute a mutazioni germinali, cioè che si trasmettono dai genitori ai figli, nel gene della PrP.
La trasmissione è di tipo autosomico dominante: un genitore con la mutazione ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene mutato a ciascuno dei propri figli.
Sono state identificate più di 60 mutazioni nel gene della PrP, ciascuna delle quali è associata a una malattia da prioni diversa. Sebbene la mutazione sia presente dalla nascita, la malattia si manifesta in età adulta, in genere dopo i cinquant’anni.
Le malattie da prioni acquisite sono:
La iCJD si può manifestare in soggetti che hanno subito trapianto di organi contaminati da prioni (tipicamente cornee provenienti da individui affetti da sCJD), che sono stati trattati con farmaci biologici contaminati (ad esempio ormone della crescita estratto da ipofisi di cadaveri), oppure sottoposti a un intervento chirurgico al cervello con strumenti contaminati o a trasfusione con sangue contaminato.
La vCJD si è manifestata in individui che presumibilmente avevano consumato carne proveniente da bovini affetti dal morbo della mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina).
Nei casi familiari il sospetto clinico viene confermato dall’analisi genetica.
Negli altri casi, invece, la diagnosi viene formulata tenendo conto dei risultati di alcuni esami come:
Recentemente è stato sviluppato un test diagnostico, chiamato RT-QuIC, che permette di rilevare i prioni nel liquido cefalorachidiano e nella mucosa nasale.
Il Mario Negri ha istituito un gruppo di studio sulle malattie da prioni che coinvolge i laboratori di Neurobiologia dei prioni, di Biologia delle malattie neurodegenerative, di Neuropsichiatria geriatrica e di Biochimica e Chimica delle Proteine le cui attività in questo settore vanno dalla ricerca di base sui meccanismi, all’identificazione di potenziali farmaci e valutazione della loro efficacia in modelli preclinici, sino al disegno e all'organizzazione di sperimentazioni cliniche.
Un recente studio effettuato dal laboratorio di Neurobiologia dei prioni in collaborazione con Humanitas e con l’Istituto di Neuroscienze del CNR ha individuato un possibile meccanismo alla base della morte neuronale nelle malattie da prioni genetiche, suggerendo che alcuni farmaci già utilizzati nel trattamento dell’epilessia possano essere utili anche per i pazienti affetti da queste rare patologie.
I pazienti affetti da questo tipo di patologie e coloro che li assistono possono rivolgersi ad alcune associazioni che mettono a disposizione il loro supporto:
Roberto Chiesa - Capo Laboratorio di Neurobiologia dei Prioni - Dipartimento di Neuroscienze
Raffaella Gatta - Content Manager