Secondo l’OMS ogni anno i vaccini salvano tra i 2 e i 3 milioni di persone in tutto il mondo e se tutti i paesi avessero la stessa accessibilità ai vaccini, le persone salvate potrebbero diventare addirittura 4 milioni.
La storia del vaccino contro il SARS-CoV-2 è iniziata a giugno dello scorso anno, a 5 mesi di distanza dalla prima segnalazione di infezione avvenuta in Cina. Oggi purtroppo sono ancora tanti gli interrogativi a cui rispondere: quanto dura la protezione, se c’è possibilità di contagiare nonostante la vaccinazione, immunizzare anche i bambini e gli adolescenti.
Una cosa però è certa: la sicurezza e l’efficacia dei vaccini anti-Covid non sono messe in discussione.
L’incertezza in questo ambito potrebbe derivare dalla rapidità con cui si è giunti ad ottenere i vaccini contro il Covid-19. Nessuna delle regolari fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza è stata, però, saltata.
I tempi brevi sono stati resi possibili da:
I vaccini attualmente in corso di sviluppo in tutto il mondo sono più di 200.
In Italia oggi i vaccini anti-Covid a disposizione sono due:
In Gran Bretagna, data la situazione di emergenza, il Governo ha concesso l’autorizzazione all’utilizzo anche di un altro vaccino, il ChAdOx1 nCoV-19 o AZD1222, prodotto da AstraZeneca e Università di Oxford. Tra i tanti vaccini anti Covid-19 in corso di studi, quello dell’azienda britannica è in una fase più avanzata di sviluppo. I primi dati su efficacia e sicurezza sono stati pubblicati all’inizio di dicembre 2020 su The Lancet. L’EMA sta esaminando i risultati di una ultima revisione ciclica ed entro la fine di gennaio darà responso della sua valutazione.
Il dubbio da sciogliere riguarda l’efficacia, ancora molto incerta, dal momento che si è in dubbio su quanto vaccino somministrare: iniettando la dose standard l’efficacia risulta più bassa rispetto agli altri vaccini (62%). Sorprendentemente, nei partecipanti che hanno ricevuto per errore alla prima somministrazione una dose più bassa (metà di quella prevista) e quella standard come seconda dose, l’efficacia sale al 90%. Questa evidenza non solo è frutto di un “errore” ma è emersa da risultati di un campione troppo poco numeroso e composto da soli adulti. In generale, il numero di anziani coinvolto negli studi pubblicati riguardanti il vaccino astrazeneca è molto basso e non consente una valutazione attendibile dell’efficacia in questa fascia di età.
Nel momento in cui il portafoglio vaccinale sarà più ampio, è possibile che si preferirà utilizzare un vaccino piuttosto che un altro, tra quelli a disposizione, allo scopo di ottenere maggiori benefici per la persona che lo riceverà. Per ora la scelta è vincolata dalla disponibilità del farmaco.
Entrambi i vaccini oggi a disposizione utilizzano la tecnologia innovativa dell’mRNA. L’mRNA o RNA messaggero è una molecola di acido nucleico che contiene le informazioni genetiche per far sì che il nostro organismo riesca a produrre “in autonomia” la proteina che forma le punte, dette spike, del coronavirus.
La proteina spike, che rappresenta il mezzo attraverso cui il virus riesce ad entrare nel nostro organismo, è quindi il bersaglio contro cui vengono indirizzati i nostri anticorpi.
Da sottolineare è che l’RNA messaggero non è capace di riprodursi da solo nelle cellule dell’ospite, ma può solo indurre la sintesi delle sue spike.
Il messaggero virale viene veicolato all’interno dell’organismo mediante l’utilizzo di nanoparticelle: il materiale genetico è infatti racchiuso all’interno di una microscopica bollicina, fatta da grassi o lipidi, grande tra 1 e 100 nanometri.
Una volta effettuata l’iniezione della soluzione vaccinale nel muscolo della parte superiore del braccio (deltoide), le nanoparticelle, con all’interno le svariate copie di mRNA, vengono assorbite da ogni singola cellula intorno alla sede di iniezione e dai linfonodi adiacenti. Le cellule, a questo punto, iniziano a produrre le proteine virali, che poi a loro volta vanno a stimolare il sistema immunitario. La sintesi degli anticorpi diretti contro le proteine “estranee” ha inizio.
Se una persona vaccinata si ritrova ad essere a contatto col virus, risulterà immune perché gli anticorpi prodotti grazie al vaccino andranno a bloccare l’ingresso delle proteine Spike nelle cellule.
La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T, capaci di istruire il nostro sistema immunitario affinché diventi capace di rispondere anche a successive esposizioni al SARS-CoV-2, combattendo fino a debellarlo.
Il materiale genetico iniettato ha una vita molto breve: nell’arco di 8-10 ore infatti si degrada. Quindi, è assolutamente impossibile che esso riesca ad entrare all'interno del nucleo delle nostre cellule, dove è presente il DNA, andando ad alterare i nostri geni. Il vaccino, inoltre, non contiene il virus e quindi non può provocare la malattia.
Il vaccino Astrazeneca, invece, utilizza un veicolo diverso rispetto agli altri due per introdurre nell’organismo l’mRNA virale. Come per il vaccino contro l’Ebola, il veicolo è un adenovirus, nello specifico il virus che causa il raffreddore nello scimpanzé ma risulta innocuo per l'uomo, in quanto incapace di replicarsi. Il vettore virale utilizzato dall’azienda britannica offre vantaggi significativi rispetto alla tecnologia utilizzata da Pfizer e Moderna: infatti, non solo ha un costo di sviluppo decisamente inferiore ma ha anche una maggiore stabilità, non richiedendo temperature eccessivamente basse per la conservazione e per il trasporto.
Rispetto al vaccino Comirnaty-Pfizer, sulla base dei dati attualmente disponibili, il profilo di sicurezza e di efficacia del vaccino Moderna appare sostanzialmente sovrapponibile.
Si rilevano però alcune differenti caratteristiche:
La protezione conferita dalla vaccinazione anti-Covid-19 inizia 10-12 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Sembra che l’efficacia completa si abbia poi a 7-14 giorni dalla seconda dose, ovvero circa un mese dopo l’inizio della profilassi.
Nessun vaccino dà una copertura del 100%: per questo motivo si potrebbero quindi verificare casi in cui una persona si ammala ugualmente perché nel suo caso il vaccino non ha prodotto una risposta immunitaria efficace.
Ad oggi non abbiamo dati certi sulla durata della protezione garantita dal vaccino né tantomeno sulla sua efficacia nel ridurre la contagiosità. Non è possibile, infatti, definire con certezza la durata della protezione perché il periodo di osservazione è ancora troppo breve, solo pochi mesi. Le conoscenze sugli altri tipi di coronavirus suggeriscono comunque che la protezione dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi.
È tuttavia certo che il vaccino conferisce una protezione simile o più lunga di quella data da una vera infezione evitando però che la persona sia esposta ai rischi della malattia naturale. Per questo motivo è necessario continuare a seguire rigorosamente tutte le precauzioni utilizzate fino ad ora: distanziamento, mascherina e igiene delle mani.
La seconda dose aiuta ad aumentare la risposta del sistema immunitario, così da ottenere un livello più alto di anticorpi e un maggior numero di persone che rispondono al vaccino. In una lavoro appena pubblicato su TheBMJ, in riferimento al vaccino Pfizer, si dichiara che già dopo la somministrazione della prima dose, la protezione conferita al vaccinato è molto alta, fino al 90%. Questa evidenza suggerisce la possibilità di ritardare di qualche mese la seconda dose così da utilizzare quelle dosi di vaccino per immunizzare più velocemente tutto il resto della popolazione, una scelta adottata nel Regno Unito, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità e alcune agenzie del farmaco, tra cui quella europea e quella italiana, ritengono che siano necessari dati sulla durata dell’efficacia della singola dose prima di poter modificare la strategia di vaccinazione.
Sarà difficile liberarsi dal Covid-19 e sicuramente non sarà possibile sradicarlo completamente dalle nostre società. Per questo il vaccino è fondamentale: potrà aiutarci a controllare il virus, ad affrontarlo e fronteggiarlo e ci permetterà di evitare altre pesanti perdite di vite umane.
Riguardo alla possibilità che una persona vaccinata possa trasmettere lo stesso la malattia, gli studi clinici condotti finora sono stati eseguiti solo su casi sintomatici di Covid-19. È quindi necessario più tempo per ottenere dati significativi per dimostrare se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare così altre persone.
Tuttavia, affinché la vaccinazione protegga dall’infezione, è necessario che i vaccinati e i loro contatti continuino ad adottare le misure di protezione anti-Covid.
Quando osservati, gli effetti collaterali sono stati i classici disturbi post-vaccinazione e comunque di lieve entità: dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore muscolari e alle articolazioni, brividi e febbre. Talvolta anche arrossamento e prurito nella sede di iniezione.
Al momento la reazione avversa grave più frequente (osservata, comunque, con un’incidenza inferiore all'1%), emersa dal confronto tra i vaccinati e il gruppo di controllo, è stata l’ingrossamento dei linfonodi, patologia benigna che guarisce da sola e l'emiparesi facciale.
Il sistema di farmacovigilanza continuerà a monitorare, sia durante che dopo, la campagna di vaccinazione, ogni aspetto del vaccino e della sua sicurezza, identificando tempestivamente eventuali segnali di allarme.
Sono tante le future mamme e quelle che invece lo sono diventate da poco che si chiedono se il vaccino anti-Covid possa essere nocivo per il proprio figlio. Al momento, l’esperienza relativa ad eseguire la profilassi in donne incinte è limitata. Studi preclinici, condotti su modelli animali, non indicano effetti dannosi diretti o indiretti relativamente a gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto o sviluppo post-natale.
In ogni caso si consiglia la somministrazione del vaccino anti-Covid durante la gravidanza solo se i potenziali benefici superano gli eventuali potenziali rischi sia per la madre che per il feto. La valutazione deve essere effettuata con il medico curante o il ginecologo.
Lo stesso vale per la profilassi anti-Covid in mamme che allattano: per ora non è noto se il vaccino venga escreto nel latte materno, ma è improbabile che l’RNA messaggero possa essere presente nel latte in quantità rilevanti e che, in ogni caso, verrebbe degradato dal succo gastrico del lattante. Non ci sono motivi per ritenere che possano esserci rischi per il neonato allattato e la vaccinazione non rappresenta pertanto una controindicazione a proseguire l’allattamento.
Al momento solo il vaccino Comirnaty può essere somministrato agli adolescenti dai 16 anni in su. Non ci sono dati sulla sicurezza ed sull'efficacia in età pediatrica. Sono tuttavia in corso o in via di pianificazione studi specifici e, una volta disponibili i dati, si potrà estendere la vaccinazione anche al di sotto dei 16 anni.
Chi è a conoscenza di essere affetto da allergie respiratorie, alimentari o a farmaci, o di averne sofferto in passato, può sottoporsi a profilassi vaccinale contro il Covid-19: è necessario rimanere in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo la somministrazione. In caso di reazioni allergiche gravi (anafilassi) il tempo di osservazione diventa di 60 minuti. Qualora la persona che si vaccina sta seguendo una terapia antiallergica, come per esempio l’immunoterapia specifica, non deve assolutamente sospenderla.
Faccia attenzione, però, chi è allergico agli eccipienti polietilenglicole (PEG), macrogol e polisorbati: a queste persone non deve essere assolutamente somministrato nessun tipo di vaccino a mRNA.
Anche a chi soffre di asma bronchiale persistente grave è raccomandata la vaccinazione anti-Covid, sempre sotto controllo medico. La vaccinazione va
rimandata solo in casi in cui l’asma non si riesce a controllare.
Infine, il divieto di ricevere la seconda dose è rivolto a chi ha manifestato reazioni gravi, allergiche e non, alla prima: in tal caso è necessario rivolgersi a un Centro di riferimento con esperienza sulle reazioni alle vaccinazioni, per un approfondimento specialistico.
La prima vaccinazione contro il Covid-19 è stata somministrata in Gran Bretagna l’8 dicembre 2020 ad una signora di novant’anni. Da quel giorno sono state decine di milioni le dosi somministrate in tutto il mondo, seguendo i programmi delle campagne vaccinali decisi dai singoli paesi.
Al momento il paese al mondo con la maggior percentuale di popolazione vaccinata è l’Israele: sono già quasi due milioni le persone che hanno ricevuto la prima dose del vaccino prodotto da Pfizer e il 10 gennaio 2021 è iniziata la somministrazione della seconda dose.
In Italia il Vaccine-Day è stato il 27 dicembre 2020: da allora il ritmo di vaccinazione in quasi tutte le regioni del nostro paese è fortunatamente aumentato.
La nostra campagna vaccinale è stata suddivisa in 4 fasi: i primi ad essere sottoposti a profilassi sono stati personale sanitario e residenti di RSA. Poi si passerà ad anziani over 80. La seconda fase si concentrerà su over 60, persone immunodepresse o con comorbidità e insegnanti e personale scolastico. Nella fase 3 della campagna vaccinale, si darà priorità ai lavoratori dei servizi essenziali, alle carceri e ai luoghi di comunità. Solo durante la fase 4, ultima, tutto il resto della popolazione avrà accesso al vaccino.
Ad oggi, in Italia le persone vaccinate sono quasi 900 mila, ovvero l’1,47% della popolazione. Se tutto procede bene, in sei mesi il rischio di infezione per le persone più fragili dovrebbe essere diminuito. Invece, per vedere finalmente calare il numero dei contagi, bisognerà avere una certa “massa critica”, ovvero circa il 20-30% di persone vaccinate.
Più il virus continuerà a circolare, più è alta la probabilità che questo muti. Per impedire che questo accada, è necessario raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge”, che si dovrebbe ottenere quando sarà vaccinato almeno il 70% della popolazione.
Per qualsiasi altro dubbio si rimanda al sito dell’AIFA:
Riassunto caratteristiche vaccino Pfizer
Riassunto caratteristiche vaccino Moderna
Per vaccino anti-Covid e allattamento, leggi la nota dell'ISS.
Raffaella Gatta - Content manager
In collaborazione con Antonio Clavenna - Capo Unità di Farmacoepidemiologia - Laboratorio Salute Materno Infantile - Dipartimento di Salute Pubblica
e con Beatrice Greco - Ufficio Comunicazione Mario Negri Bergamo